Responsabili dei danni che il minore può procurare a terzi sono i genitori. La loro responsabilità si fonda su una presunzione di colpa in vigilando e in educando, ovvero i genitori sono responsabili a meno che non provino di aver adeguatamente educato e adeguatamente vigilato sul minore. Tale prova può essere molto difficile, posto che la giurisprudenza spesso ritiene il fatto dannoso commesso dal minore, come indice sintomatico di una inadeguata vigilanza ed educazione da parte dei genitori. Sostanzialmente quindi solo il fatto totalmente imprevedibile, accidentale, il così detto caso fortuito può rendere liberi da responsabilità i genitori.
Stessa responsabilità incombe sugli insegnanti per i fatti commessi dai minori durante le ore scolastiche. In questo caso ciò che rileva è la vigilanza degli insegnanti sui minori ad essi affidati, vigilanza che va valutata in relazione all’età, alle caratteristiche dei minori, alle strutture e ai mezzi dati agli insegnanti per far fronte a tale dovere. Anche qui l’insegnante, di fronte ad un fatto del tutto improvviso, repentino e imprevedibile commesso dall’allievo, non può essere chiamato a rispondere, potrebbe invece rispondere il genitore per carenza di educazione, ovvero per non aver impartito al minore quegli insegnamenti necessari che consentono di comportarsi adeguatamente con gli altri e nel contesto scolastico. Diverso è il caso in cui il minore produca un danno a se stesso, la scuola qui sarà responsabile come parte inadempiente del un contratto che i genitori hanno stipulato con la scuola medesima, quando le hanno affidato il minore. È sempre data ovviamente alla scuola la possibilità di provare che l’inadempimento non c’è stato perché il fatto dell’alunno è stato così improvviso, imprevedibile, repentino da non essere evitabile in alcun modo.