La L. 210/1992 stabilisce che “Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato” (art. 1).
I soggetti interessati ad ottenere l’indennizzo devono presentare alla ASL competente le relative domande, indirizzate al Ministro della sanità, entro il termine perentorio di tre anni, termine che decorre dal momento della conoscenza del danno.
Il giudizio sanitario sul nesso causale tra la vaccinazione, e “la menomazione dell’integrità psico-fisica o la morte” è poi espresso da una commissione medico-ospedaliera. Avverso il giudizio di tale commissione, è ammesso ricorso al Ministro della sanità.
La stessa legge specifica che è facoltà del ricorrente esperire l’azione dinanzi al giudice ordinario competente entro un anno dalla comunicazione della decisione sul ricorso o, in difetto, dalla scadenza del termine previsto per la comunicazione. Arrivano pertanto di fronte alla magistratura ordinaria solo quei casi che non hanno trovato un riconoscimento in forza della L. 210/1992.
In origine, si precisa, l’indennizzo era escluso nei confronti delle persone danneggiate da quei vaccini non obbligatori, ma raccomandati dalle autorità sanitarie (come il tanto discusso vaccino contro Morbillo, Parotite, Rosolia). Successivamente, nel 2012, la Corte Costituzionale ha esteso il beneficio anche ai danneggiati da vaccini non obbligatori. Il grosso problema è ovviamente la dimostrazione del nesso causale fra patologia insorta e vaccino e sul punto la scienza e la medicina danno risposte spesso opposte ingenerando insicurezza sull’esito dell’eventuale giudizio tuttavia si cita qualche provvedimento giurisprudenziale che, ha riconosciuto il nesso causale tra somministrazione del vaccino e danni irreversibili al minore.
• Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, 1 febbraio 2017, n. 2684. La Corte conferma la sentenza della Corte d’Appello che condannava il ministero della salute a indennizzare una famiglia per i danni da vaccinazione ex lege 210/1992, danni avvenuti 35 anni prima quando il bambino, veniva sottoposto alla somministrazione dei vaccini contro polio, difterite, tetano e morbillo, a seguito dei quali manifestava le prime reazioni avverse che arrivano poi alla diagnosi di “encefalopatia epilettica con grave ritardo psicomotorio e del linguaggio”.
• Corte d’Appello di Milano, 10 novembre 2016, n.1255. La Corte rigetta il ricorso contro la sentenza del Tribunale di Pavia del 14 novembre 2014, n. 127 che riconosceva il nesso causale tra il vaccino somministrato ad una neonata di sei mesi e la grave encefalopatia sviluppata dalla bambina.
Più di recente Cass. 2018 n. 22078 ha ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la vaccinazione -intesa come operazione di inoculamento del vaccino -effettuata dall’interessato ed il successivo manifestarsi della patologia (tetraparesi spastica, insufficienza mentale, epilessia), facendo applicazione dei principi già affermati da questa Corte con la sentenza n. 25119 del 2017, secondo cui in tema di danni da vaccinazione obbligatoria, la sussistenza del nesso causale tra la somministrazione vaccinale e il verificarsi del danno alla salute deve essere valutata secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica ispirato al principio “del più probabile che non”, da ancorarsi non esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (cd. probabilità quantitativa), ma riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica) .