4 milioni di euro di massa salari e 70mila ore di lavoro persi in questi anni sono il quadro di una crisi che non è solo di sistema, ma anche di scarsa lungimiranza rispetto alle politiche del lavoro e dell’impresa che in alcuni casi hanno contraddistinto l’era del massimo ribasso di questi anni.
Per questo i dati riassunti dalla Cassa Edile di Taranto, il grido di allarme lanciato dalle imprese iscritte a ANCE e quello dei lavoratori del settore che il prossimo 15 marzo sciopereranno a Roma, vanno raccolti come un guanto di sfida rispetto alle istituzioni che su questo tema molto potrebbero fare determinando regole e argini al cannibalizzante mondo degli appalti.
La presa di posizione è del componente della segreteria della CGIL Taranto, Giovanni D’Arcangelo, uno degli estensori della bozza di protocollo sui “bacini di crisi e clausola sociale”, che CGIL, CISL e UIL stilarono insieme a Confindustria Taranto, e che avrebbe dovuto consentire di redigere una magna carta di “garanzie” all’interno degli investimenti previsti dal CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo per Taranto – ndr).
La struttura di missione a cui presentammo quella bozza di accordo che prevedeva vincoli di “territorialità” per i lavoratori del bacino di crisi di Taranto, ci freddò con il “libera tutti” che arrivò all’indomani dell’insediamento di questo Governo – spiega D’Arcangelo – E’ da allora (parliamo di un anno fa – ndr) che attendiamo di sapere quali risorse, quali garanzie e quali impegni potranno ritenersi confermati o no.
Un vuoto informativo che non si è sanato neanche dopo la lettera ufficiale con all’oggetto la “richiesta di riattivazione dell’unità di missione del CIS Taranto” che CGIL, CISL, UIL e Confindustria, inviarono ad ottobre dello scorso anno al premier Conte, al Ministro del Lavoro, Di Maio e al Ministro per la coesione territoriale, Lezzi.
Il tema degli appalti e della deprecabile consuetudine del massimo ribasso sono questioni scottanti che continuano a incidere in particolar modo sui lavoratori – dichiara l’esponente della CGIL ionica – gli stessi che nei passaggi di appalto spesso sono costretti a firmare contratti che di fatto formalizzano una condizione di instabilità all’infinito, con accordi di prossimità che non lasciano neanche intravedere barlumi di stabilizzazioni e fondati su una forza lavoro interamente precarizzata.
L’appalto edile ma non solo.
Condividiamo con ANCE la preoccupazione relativa ad una riforma sostanziale delle norme ma rilanciamo con un impegno che dovrebbe riguardare tutti i settori – continua D’Arcangelo – perché il ribasso temerario che taglia sulla sicurezza, sui costi del lavoro e sulla qualità della proposta tecnica, professionale o dei materiali, è un male che corrode anche il settore della cultura, delle pulizie, o della formazione, dove il “massimo ribasso” spesso è camuffato da fantomatiche offerte migliorative sul piano dell’innovazione tecnologica. Nella piattaforma sugli appalti dei sindacati confederali chiediamo di mettere in moto una squadra di acchiappa fantasmi perché solo con una gestione condivisa della fase preliminare degli appalti (indicazioni dei contratti, valutazioni qualitative, regole trasparenti sull’individuazione dei punteggi – ndr) può garantire lavoro e imprese sane.