Il nostro è uno strano Paese.
Nel porto di Taranto ci sono 500 lavoratori che attendono, con il fiato sospeso e, purtroppo, in molti casi paventando persino il pignoramento delle loro abitazioni, di recuperare un po’ di serenità per il loro futuro e quello delle loro famiglie.
Apprensione condivisa da una comunità che, consapevole che il porto rappresenta uno dei principali volani per il rilancio di una economia locale asfittica, spera che i traffici marittimi da/per il nostro scalo ritornino a registrare quei “numeri” necessari per creare ricchezza e benessere per tutto il territorio.
Accade che un investitore globale come Yilport, con un portafoglio di quasi mezzo miliardo di euro, decida di cercare di ottenere la concessione per lo sfruttamento ed utilizzo del molo polisettoriale del nostro porto, ma per questo debba concorrere con un consorzio locale che conta su un fondo consortile di poche migliaia di euro…
Mezzo miliardo di euro a fronte di poche migliaia di euro: in qualsiasi Paese del globo terracqueo solo questo dato risolverebbe la questione a favore di Yilport, con una intera comunità che accoglierebbe l’investitore a braccia aperte!
Ma non nel nostro Paese. Da noi quello stesso garantismo nato per salvaguardare il diritto dei più deboli nei confronti del più forte, diviene invece la leva stessa per far sì che i più furbi determinino, a causa delle croniche disfunzioni burocratiche e giudiziarie, la paralisi di un intero sistema portuale.
E così accade che purtroppo i più deboli, lavoratori e cittadini, siano costretti ad assistere inermi allo svanire di una possibilità che potrebbe rappresentare un futuro roseo, ma che invece si allontana a causa di un presente immobile che scoraggerebbe qualsiasi investitore, anche il più determinato.
Allora c’è da chiedersi: qual è il vero fine di chi utilizza escamotage giudiziari per ostacolare un grande investimento che porterebbe ricchezza a una intera comunità?
È la storia di tante iniziative imprenditoriali che non sono riuscite a mettere radici nel nostro territorio, con una città in progressivo declino, non perché il legislatore o l’investitore non la considerino, ma perché anche le emergenze si infrangono sugli scogli di una macchina giudiziaria ed amministrativa che tarda il passo e non è in grado di fornire, con altrettanta velocità, le risposte urgenti che gli investitori e la comunità si attendono.
Quanti treni sono passati da Taranto, come questo che sta attraversando il Porto, senza che si siano potuti fermare, a causa degli interessi di pochi che hanno penalizzato il benessere di tanti?
Ma questo è un treno che non possiamo permetterci di perdere. Per questo dobbiamo auspicare che, una volta tanto, il percorso decisionale della giustizia amministrativa sia rapido e non penalizzante.
Parimenti dobbiamo auspicare che si proceda, senza indugi ed in piena collaborazione fra enti locali e nazionali, a completare le opere di infrastrutturazione, decisive per incrementare la competitività del Porto di Taranto, indipendentemente da chi risulti infine assegnatario delle concessioni.
Floriana de Gennaro
Consigliere comunale