Giunge dal Consiglio di Stato e, quindi, dal massimo organo di giustizia amministrativa del nostro Paese, una importante e significativa apertura verso la possibilità che le pubbliche amministrazioni possano procedere con l’affidamento diretto, “in house”, di servizi pubblici.
Come noto, negli ultimi anni il legislatore italiano ha progressivamente limitato la possibilità che le amministrazioni pubbliche possano internalizzare i servizi, introducendo, in particolare, nel nuovo Codice degli Appalti (approvato con Decreto Legislativo n. 50/2016) una serie di limitazioni e di specifici obblighi motivazionali che, di fatto, hanno fortemente ridotto l’affidamento “in house” dei servizi e hanno, al contempo, aperto al mercato privato. Questo, in realtà, ha determinato in moltissimi casi un aumento spropositato dei costi del servizio, oltre a enormi problematiche relative ai lavoratori che, in ambito privato, sono certamente meno tutelati e meno garantiti, sempre esposti al rischio di licenziamento o di contenziosi nel caso in cui un affidamento non dovesse essere rinnovato.
Ebbene, con una recentissima pronuncia del 7 gennaio u.s., la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha sollevato la questione dinnanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, rilevando come la disciplina statale contenuta nel Codice degli Appalti possa essere in contrasto con la normativa comunitaria, nella parte in cui rende più gravoso e più complesso, per le amministrazioni pubbliche, il ricorso all’affidamento “in house” che, invece, in molte circostanze può essere preferibile e anche meno costoso per le casse pubbliche.
Trovano conferma, in questo modo, le nostre tesi sostenute in molteplici circostanze nei mesi scorsi (per esempio in materia di Sanitaservice) e la pronuncia del Consiglio di Stato apre certamente una strada che occorrerà approfondire in modo da verificare se esistano le condizioni per procedere a un piano di internalizzazione e di stabilizzazione del personale che svolge servizi essenziali, per esempio, in ambito sanitario.
Da questo punto di vista assicuro il mio impegno e il mio interessamento nei confronti di una questione che, da tempo, seguo con attenzione, ritenendo che il ricorso sistematico al mercato privato, compiuto in questi anni, abbia in molti casi prodotto più danni rispetto allo svolgimento di determinati servizi pubblici attraverso società “in house”, senza migliorare affatto la qualità dei servizi stessi.
Ora il Consiglio di Stato conferma queste nostre posizioni e rimette la questione alla valutazione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Uno spiraglio di luce si intravede, per la tutela dei diritti dei lavoratori e per le stesse casse pubbliche dal momento che, indiscutibilmente, l’internalizzazione dei servizi produce significativi risparmi.