Antonio Conte è fermo, il primo a soffrirne è lui, eppure sembra che chiunque faccia a gara da mesi per portarlo dalla propria parte. Le milanesi prima, Milan in primis, il Real Madrid poi, ritrovatosi a dover cacciare un allenatore che era riuscito nell’impresa di farsi cacciare a Mondiale in corso, con la Spagna. Eppure, nonostante i molteplici interessi, una bacheca colma di trofei e la fame di chi si mangerebbe ancora oggi il campo, nonostante viva il tutto dalla panchina, Conte è fermo: in attesa della grande chiamata.
Antonio vive il paradosso di chi ha le sembianze del tecnico ideale per entrare in corsa, grazie all’impatto emotivo in grado di dare alle proprie squadre, al carattere, personalità e mentalità che è capace di infondere nei ragazzi che vive ogni giorno. D’altro canto, il mister salentino, ama vivere un’avventura da capo a piedi, senza cogliere eredità in corso, ma cominciando dal ritiro. Punto e a capo, Conte non è uno che prende una nave che sta affondando, ma una che ha raggiunto un porto, magari quello sbagliato, in attesa di ricostruire il tutto da zero e riportare a galla una creatura morta, o ferita gravemente.
È quello che Antonio Conte è riuscito a fare in tutta la sua carriera. Dai tempi di Bari, che mancava da una decade dalla Serie A e grazie a lui riuscì a riabbracciare il massimo palcoscenico. È stato capace di farlo alla Juventus, che dopo calciopoli non vedeva l’ombra di un trofeo e che invece con lui fu capace di vincere e convincere, eccetto in Europa.
Una serie di record impressionanti, tutti firmati Antonio Conte: record di punti in campionato, 102, record di vittorie in una stagione (33), record di partite di fila senza sconfitte in casa, 49 e l’anno da imbattuto in Serie A. Nel mentre, una serie di fallimenti in Europa, compreso il clamoroso bis Champions-Europa League, eliminato nei gironi dal Galatasaray e successivamente nella semifinale contro il Benfica, proprio nell’anno in cui la finale si sarebbe disputata allo Juventus Stadium.
Nonostante il fallimento continentale, riesce a rilanciarsi come Ct della Nazionale azzurra, con un Europeo ancora negli occhi e nei cuori dei tifosi, che fu capace di unire nonostante la sua forte connotazione bianconera, non simpatica ai più. Quarti di finale persi solamente ai rigori contro il colosso tedesco, quando Zaza e Pellé fallirono i match point di una gara epica.
Poi, ancora successi al Chelsea, fino al commiato doloroso e ancora in corso, con una dirigenza e società mai amate fino in fondo, e viceversa. Ora attende la grande chiamata, magari il Milan il prossimo anno, forse il Real Madrid adesso traghettato da Solari, magari la Roma non entusiasta di Di Francesco. Le chance non mancano, il suo appeal resta immutato.
Immaginarlo tra 1 anno, dopo essere stato fermo come un leone in gabbia, con la fame e le motivazioni che avrà fa paura: fortunato chi saprà portarlo dal proprio angolo.