La regione Puglia ha recentemente indicato la via per rendere operative le ZES Pugliesi (jonica e della Basilicata, quindi interregionale- facente riferimento al Porto di Taranto, ed Adriatica- facenti riferimenti ai porti di Foggia, Bari e Brindisi). Le pratiche consolidate a livello internazionale di attivazione di Zone Economiche Speciali, con serrate delimitazione delle aree, hanno avuto scarso richiamo nella delimitazione di quelle pugliesi, e, più in generale, nella pianificazione strategica di quasi tutte le aree ZES promosse dal Decreto “resto al SUD”. Ricordiao che il fine della Istituzione di una ZES è, in sintesi, quello di creare una zona di produzione, legata alle attività portuali, che abbia caratteristiche di attrattività per imprese collegate a tali attività o che abbiamo forte esigenza di import/export via mare.
Ad oggi quindi, le aziende dovrebbero essere attratte in queste zone, per le quali la ZES è strumento di rilancio e sviluppo economico (compresa la zona portuale di Taranto, per la quale da tempo si parla di diversificazione economica legate al mare ed al Porto) tramite un insieme di strumenti in grado di attrarre investimenti produttivi: credito d’imposta, semplificazione amministrativa, agevolazioni fiscali, incentivi agli investimenti e alla occupazione.
Il Piano strategico della ZES interregionale Jonica e della Basilicata, stima complessivamente la capacità di questi strumenti di mobilitare circa 200 milioni di euro per la ZES Interregionale Jonica, nei primi tre anni, con il concorso di questi strumenti , tra interventi dello Stato, UE, Regione e Comuni. Alla ZES Adriatica se ne stimano circa 300 milioni di euro.
Per l’area Jonica, che prevede un’estensione di 2.579,42 ettari, questo vuol dire una media di circa 77.500 euro per ettaro nei primi tre anni comprensivo di credito d’imposta.
Non sembri un valore eclatante: i dati medi di risorse mobilitate coon soli fondi pubblici nelle ZES in Polonia, ad esempio, è pari a circa 163.000 euro nei primi tre anni, più del doppio.
Per quanto riguarda la semplificazione Amministrativa, è stato chiesto ai Comuni di effettuare le verifiche necessarie ad ottimizzare i processi amministrativi per rendere più attrattive le localizzazioni di investimenti produttivi. Dall’analisi effettuata è emerso che è l’insieme delle norme Nazionali, Regionali e Comunali, nonché le Regolamentazioni di enti autorizzatori quali ASL, Soprintendenza, Autorità di Bacino (per citare solo le prime che mi vengono in mente) tutte giustamente poste a tutela di legittimi interessi pubblici, determinano in molti casi incomprimibilità dei processi autorizzativi. E’ un problema italiano, che dovrà essere affrontato con nuovi strumenti normativi e regolativi nel caso delle ZES, poiché non sembra semplice richiamare la AU-ZES (Autorizzazione Unica nelle ZES) a normativa corrente. Occorrerà prefigurare “cessione di competenze”, quasi una limitata cessione di sovranità ordinaria, da parte di tutti i soggetti coinvolti nei processi autorizzativi che è auspicabile costituisca uno dei temi di più immediata necessità da affrontare in fase di avvio per garantire una governance efficace delle ZES. Da canto loro, quasi tutti i Comuni delle aree interessate si sono dotati di strumenti di workflow che agevolino il dialogo fra enti e stanno compiendo i dovuti sforzi di fluidificazione del processo e di Change Management.
Ma emergono ora due questioni altrettanto se non più significative.
La prima è che a ben vedere, quasi tutti i dispositivi, gli “strumenti”, come denominati nel Piano Strategico della ZES pugliesi, che dovrebbero garantire quei 200 milioni di euro di investimenti pubblici nel primo triennio, rientrano in programmi in corso, e, per quanto attiene la strumentazione d’intervento regionale, che si rifà principalmente al POR Puglia 2014-2020, a quanto già previsto per l’intera regione Puglia. Nessuna indicazione diretta (ed auspicabile) circa la possibilità di definire dele dotazioni “riservate” alla ZES, ed in particolare per la ZES Jonica (che pure è richiamata nella recente legge regionale per lo Sviluppo di Taranto), ovvero delle tipologie di aiuto dedicate, o delle intensità di aiuto superiori o delle procedure semplificate (magari di natura negoziale). Non si capisce dove sia la specialità di Taranto (e delle ZES più complessivamente) se vi ricadono gli stessi contributi “azionabili” in tutta la Regione Puglia. Magari sarebbe già qualcosa se si attivasse un “premio assunzionale”, magari sostenuto dall’FSE regionale, come ulteriore sostegno alla nuova occupazione. vincolata al settennio previsto dal Decreto resto al SUD.
La seconda questione, il “coupe de Teatre”, è tuttavia emersa con la proposta delle agevolazioni fiscali: per lo più tutte a carico dei Comuni interessati. Azzeramento degli introiti di IMU, TASI e TARI per esenzione a vantaggio dei nuovi insediamenti. L’attrattività della ZES, ad oggi, sembra doversi principalmente basare su uno sforzo economico dei comuni in cui le imprese andranno a localizzarsi.
Non vi è dubbio, i Comuni hanno interesse a fare la propria parte. Ma non si può pensare che l’unico strumento di attrattività “non ordinaria” debba essere posto in essere dai Comuni.
Come Amministrazione locale ammetto che, così impostata, la ZES rischia di essere una opportunità perduta ed un ennesimo aggravio, per il Comune di Taranto, come per gli altri comuni, ancora una volta chiamato a vedersela con le proprie forze rispetto ad un progetto costruito altrove.”
Valentina Tilgher
Assessore allo sviluppo economico e risorsa mare