Se Arcelor Mittal taglierà – come dichiara – il 30% delle polveri delle emissioni convogliate è come se a 8 milioni di tonn/anno l’ILVA emettesse polveri quanto a 5,6 tonn/anno. Il punto è che attualmente ILVA produce acciaio liquido per 4,8 tonn/anno (dati ufficiali 2017). Quindi con l’aumento produttivo a 8 milioni di tonn/anno avremo un aumento di polveri del 16% in flusso di massa annuo rispetto al 2017.
Questo calcolo vale per le emissioni convogliate. Arcelor Mittal non dichiara invece di quanto vuole tagliare le emissioni NON convogliate (come quelle della cokeria) che sono le più pericolose.
Emergono pian piano i dettagli di una operazione propagandistica del governo ai danni della popolazione esposta all’inquinamento. Il tutto ci appare una presa in giro simile a quella che Ignazio Silone descriveva ai danni dei “cafoni” nel romanzo Fontamara, ai tempi del fascismo.
La situazione è ancora peggiore per le emissioni di CO2 dall’ILVA. Parliamo delle emissioni che provocano lo scongelamento dei ghiacci e l’innalzamento dei livelli dei mari, a causa del surriscaldamento climatico.
I tagli del 15% delle emissioni di CO2, promessi da Arcelor Mittal e dal suo fedele governo, non compensano assolutamente l’incremento produttivo del 66% da 4,8 a 8 milioni di tonnellate anno di acciaio liquido, incremento che il Ministero dell’Ambiente intende concedere a condizioni facilitate rispetto al piano ambientale precedente.
L’ILVA, con le sue centrali energetiche, è la maggiore fonte di emissione in Italia di CO2 assieme alla centrale a carbone di Cerano. L’Italia dovrebbe tagliare le emissioni di CO2 del 33% entro il 2030 (è l’obiettivo dell’Europarlamento per la nostra nazione) e invece consente all’ILVA un imponente incremento dei gas serra.
Complimenti vivissimi ai ministri che stanno consentendo questa operazione, sono dei veri campioni del cambiamento climatico.
Quello che è grave è che il governo, invece di incassare i tagli di emissioni convogliate (tutti da dimostrare) e di rivendicarli come un passo in avanti, li scambia con incrementi produttivi, facendo evidenti passi indietro.
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink