In questi lunghi e difficili anni di vertenza ILVA la battaglia più difficile da combattere è stata quella che a tutti i costi voleva mettere ai margini gli operai. Ora quegli operai tornano ad essere non solo l’elemento cardine più forte di quest’accordo, ma anche le più importanti sentinelle dell’ambientalizzazione.
Così Paolo Peluso, segretario generale della CGIL di Taranto, che dopo alcuni giorni dall’accordo dello scorso 6 settembre, e dopo aver partecipato a tutte le fasi della trattativa la definisce nei contorni indicandone tre pilastri importanti.
Lo diciamo da anni: la monocultura industriale va superata, ma in questo passaggio tra un prima e un dopo, in cui poter parlare di agricoltura, turismo, terziario avanzato, di centri di ricerca e cultura avanzati e modelli di sviluppo sostenibili, abbiamo il dovere di rendere migliore il contesto in cui viviamo e in cui quegli operai lavorano – dice Peluso – per farlo abbiamo bisogno di un nuovo modello di sviluppo, del tutto alternativo non solo all’ILVA, ma a quel modello novecentesco di produzione basato sullo sfruttamento delle risorse e sulla compressione dei diritti dei lavoratori e dei cittadini, in nome del profitto di pochi.
Ma i pilastri dell’accordo per Peluso, sono tutti nelle mani dei lavoratori, “perché a tenere in piedi quella fabbrica, a controllarla da vicino, a giudicarne i progressi, gli interventi di bonifica, o addirittura quelli che andranno via provando ad essere semi di un nuovo modello saranno loro”.
Il protagonismo di questi lavoratori è dunque il primo elemento che secondo Peluso, l’accordo sindacale mette in evidenza.
Sin dall’inizio, infatti, le organizzazioni sindacali hanno preteso di avere voce in capitolo, nonostante l’ostilità delle Istituzioni che volevano confinare la trattativa a mere questioni contrattuali di lavoro e occupazionali – afferma Peluso – In particolare, la FIOM e la CGIL di Taranto hanno lavorato intensamente, non solo con enunciazioni di principio, ma opponendo osservazioni e proposte migliorative al Piano ambientale inizialmente elaborato (Valutazione preventiva di impatto ambientale e sanitario – VIIAS, e l’adozione di tecnologie innovative nel processo produttivo tese a ridurre drasticamente le emissioni nocive oggi in buona parte previste – ndr).
Protagonismo che si realizza anche con il ruolo che nell’addendum del Piano Ambientale (allegato n. 5 dell’accordo sindacale) viene dato proprio ai lavoratori, sentinelle del rispetto rigoroso degli interventi previsti dalle prescrizioni ambientali.
Il secondo pilastro consiste nella garanzia, prevista dall’accordo, del mantenimento dei diritti contrattuali maturati e dei livelli occupazionali, cosa non affatto scontata fino all’ultimo momento della chiusura della complessa e difficile trattativa – ammette il segretario della CGIL – È un messaggio per tutto il mondo del lavoro: la logica della conservazione del posto di lavoro anche a condizioni lavorative non è più accettabile e ciò deve valere anche per aziende di minori dimensioni. La logica di scambio tra lavoro e diritti, tipica del liberismo globalizzato ha prodotto disastri, producendo forti disuguaglianze, aumento della disoccupazione specie giovanile e delle povertà, riduzione del welfare, frammentazione del mondo del lavoro. L’equilibrio tra diritti di cittadinanza, sociali, del lavoro e della sostenibilità ambientale rappresenta la strada ormai irrinunciabile e l’aver richiamato, con misure concrete, l’economia circolare all’interno dell’addendum ambientale è auspicabile che diventi il paradigma di tale equilibrio, non solo relativamente all’ILVA ma per tutte le azioni di sviluppo del territorio che ora attendono di essere praticate.
Il terzo pilastro sta nel superamento della ‘logica conservativa’ – dice Paolo Peluso – Vi è un accordo. Un punto di partenza. Persino una serie di interventi che potranno essere vagliati, controllati, contestati, ma c’è un punto di inizio verso una fase che finalmente cancella anni di forti tensioni, sfociate spesso in polemiche inutili e contrapposizioni tra vari soggetti istituzionali, associazioni, cittadini. Sarebbe il caso di cominciare a lavorare senza dover per forza determinare vincitori e vinti.
Alla fine Peluso però pone l’accento su alcuni aspetti da correggere, e che vanno al di là dell’Accordo meramente sindacale.
Guardiamo con particolare attenzione l’impianto per la Valutazione del Danno Sanitario ancora troppo legata ai limiti autorizzati delle emissioni e non realmente alla criticità per malattie associabili agli inquinanti emessi in aria attraverso emissioni diretto o non convogliate – dice Peluso – In più il centro di ricerca per cui sono previste 25 assunzioni di nuovi ricercatori, che non deve rimanere una struttura chiusa e non colloquiante, ma pensiamo debba occuparsi non solo di tecnologia ma anche di ambiente e salute, favorendo il legame con le strutture formative territoriali e sviluppando la circolarità della conoscenza.
Le energie che come territorio in tutti questi anni abbiamo speso in polemica (a volte costruttiva, a volte no), ora si canalizzino nelle soluzione dei problemi – commenta Peluso – e lo si faccia costruendo una rete che dalle istituzioni, al sindacato locale sia in grado di ragionare tenendo ben i piedi per terra.