Ministro Luigi Di Maio,
sul manifesto di sei metri per tre (che inviamo in allegato), affisso al quartiere Tamburi di Taranto, spicca la più infame tra le ingiustizie che la provincia tarantina è costretta a subire da troppi decenni in numero francamente insopportabile.
E’ un pesantissimo atto di accusa, un richiamo alla Giustizia che sembra essersi fermata alle porte di Taranto come Cristo si fermò ad Eboli.
E’ un grido di dolore per una terra di sublime bellezza, derisa, offesa, ferita, derubata, stuprata e abbandonata a se stessa.
E’ la convinzione di sentirsi un possedimento dello Stato e non una parte di una nazione che deve garantire gli stessi diritti e la stessa dignità a tutti i cittadini.
E’ la certezza che salute ed ambiente, che la Costituzione italiana tutela quali diritti “fondamentali” dei cittadini, a Taranto vengano considerati secondi alle urgenze economiche dello Stato.
Queste parole sono un monito per i sindacalisti che si battono per la tutela degli attuali livelli occupazionali. I lavoratori, in quanto cittadini, hanno diritto ad un lavoro dignitoso, da svolgere in salute e sicurezza in un ambiente salubre. Se le industrie inquinanti quali Ilva ed Eni non garantiscono tali diritti, devono cessare immediatamente le proprie attività.
Queste parole sono un monito per le Istituzioni di tutti i livelli perché “l’iniziativa economica privata è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.” (così recita l’articolo 41 della Costituzione italiana). Un’azienda che non rispetta tale principio deve cessare immediatamente le proprie attività.
Questo manifesto è stato affisso proprio nel momento in cui l’Eni gasava ancora una volta la città di Taranto e i tarantini tutti nella maniera più atroce possibile.
La Giustizia, che il movimento politico da lei rappresentato al più alto livello istituzionale ha più volte richiamato, deve fare il suo corso, indipendentemente dalle conseguenze che ne potranno derivare.
Prenda, quindi, la decisione coraggiosa e giusta. Nessuno potrà mai criticarla per aver rispettato, applicandola, quella Costituzione tanto offesa e calpestata da chi ha governato prima di lei, a tutti i livelli.
La invitiamo a Taranto per incontrarci e delineare un percorso comune e fattibile. Le assicuriamo che, solo a guardarla, Taranto le suggerirà il passo migliore da compiere.
“Ciò che è giusto è la vera uguaglianza” e non “ciò che è uguale è la vera giustizia”.
“Fiat iustitia ruat caelum” (sia fatta giustizia anche se i cieli cadono).
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” (art. 3 della Costituzione italiana)
Genitori tarantini