Non una parola sull’Ilva nel discorso alle camere del neo premier Giuseppe Conte; non un accenno da parte del vice presidente, nonché ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio. Eppure la situazione del siderurgico – e il futuro di quindicimila lavoratori e dell’intera comunità tarantina – sarà uno dei primi nodi che il nuovo governo dovrà affrontare. Sul tema risuonano solo le dichiarazioni del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa: parole confuse, espresse da chi probabilmente ha dato uno sguardo appena superficiale alla questione. Intanto però il tempo stringe.
Come denunciato dalle organizzazioni dei lavoratori, l’uno luglio Mittal potrebbe prendere possesso dell’azienda, sulla base del contratto siglato la scorsa estate, anche senza un accordo sindacale. Sarebbe una forzatura gravissima, con ricadute drammatiche sui lavoratori, che potrebbero essere assunti sulla base di un nuovo contratto, perdendo tutele (a partire dall’articolo 18) e diritti acquisiti.
Ma le incognite riguardano anche il risanamento ambientale. Ricordiamo che resta vigente il Dpcm con il quale il precedente governo ha sostanzialmente recepito il Piano ambientale di Mittal: un piano che ripropone l’attuale processo produttivo, senza nessuna garanzia di salvaguardia della salute.
Non si può fare melina rimandando la soluzione del problema a un futuristico e fumoso “piano di riconversione”. La sicurezza occupazionale dei lavoratori di Ilva, il futuro dell’economia locale e la tutela della salute dell’intera comunità ionica sono partite che si giocano qui ed ora.
Il governo si trova di fronte a una scelta: assecondare l’interesse di una multinazionale o andare incontro ai bisogni della gente di Taranto. Si deve dire “no” a Mittal e rendere l’azienda di proprietà pubblica. Solo così si potranno sciogliere i nodi che si trascinano da troppo tempo: salvaguardare l’occupazione attraverso la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, tutelare la salute con una Valutazione del danno sanitario preventiva, trasformare il ciclo produttivo sostituendo gli impianti inquinanti con innovazioni tecnologiche. Questa la strada che si deve percorrere per cambiare davvero.