La Commissione Ue ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia Europea a causa degli elevati e persistenti livelli di PM10 nell’aria in otto regioni, per un totale di 28 aree critiche; tra queste aree individuate troviamo per la Puglia l’area industriale di Bari, nella quale i limiti giornalieri sono stati superati anche per 89 giorni consecutivi!
A conferma che l’aria del capoluogo regionale è tutt’altro che salubre è il rapporto Oasi 2017 della Bocconi. La città di Taranto risulta ultima tra le province pugliesi per incidenza di patologie tumorali, mentre Bari è al primo posto.
A questo punto ci chiediamo: ma il presidente Emiliano, per 10 anni sindaco di Bari, perché non ha mai denunciato la questione, né si è mai interessato della qualità ambientale nell’area industriale barese? Certo, parlare dell’inquinamento a Bari non ha lo stesso “effetto mediatico” di parlare dell’Ilva di Taranto. E ci guardiamo bene dal sostenere che la soluzione sarebbe la chiusura dell’area industriale barese, se dovessimo applicare gli stessi criteri adottati dal presidente e dai consiglieri pentastellati per l’ Ilva… Lo stabilimento siderurgico tarantino sicuramente non è rose e fiori, inquina da decenni ed è assolutamente necessario rendere compatibile la produzione con gli standard ambientali, procedere alla bonifica del territorio e alla messa in sicurezza degli impianti, garantendo però che nessuno dei 20.000 posti di lavoro tra diretti e indotto vada perso se si vuole evitare una “macelleria sociale”. Questo percorso va fatto con senso di responsabilità ed evitando di incorrere in facili populismi, soprattutto se non si conosce l’ABC di uno stabilimento siderurgico. Chi parla di chiusura dovrebbe infatti spiegare come ricollocare la forza lavoro e quale impatto tale chiusura avrebbe sul Pil nazionale, senza considerare che l’Italia sarebbe costretta a compensare, aumentando le importazioni di acciaio dall’estero, non essendo già oggi in grado di soddisfare il mercato interno.
Un primo importante passo sarebbe quello di sostituire gli attuali commissari, la cui gestione si è caratterizzata per un aumento costante delle perdite, un non rispetto degli impegni presi con il Mise, nonché per una politica di gestione delle risorse umane, con innesti e promozioni, a dir poco discutibili.
Pertanto auspichiamo, nell’interesse dei cittadini e dei lavoratori tarantini, che la trattativa tra il gruppo Mittal e i sindacati si concluda positivamente in tempi brevi, prima che qualcuno combini altri guai.
ANTONIO SINDACO Coord. Prov. Movimento AMBIENTE E LAVORO