Non può essere solo una questione di numeri, va assolutamente reintrodotto nel dibattito in corso a Taranto anche il tema portante dei diritti e delle tutele.
Daniele Simon, segretario del NIDIL CGIL, interviene su questo tema in un giorno in cui la città si stringe attorno alla famiglia del giovane operaio morto lunedì scorso al IV sporgente ILVA.
La storia di Angelo è quella di molti altri lavoratori atipici della nostra terra – spiega Simon – e il fatto che a lui, così come a Giacomo Campo, morto in ILVA nel settembre del 2016, il contratto fosse quello a tempo determinato, fa riflettere su quanto sia difficile per tutti lavorare al cospetto della fabbrica, ma lo è ancora di più per chi subisce la pressione psicologica e non solo di un contratto sempre sul filo del rasoio.
Daniele Simon richiama a tal proposito due ricerche condotte a livello nazionale e internazionale dal Dipartimento medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’INAIL e dall’European Agency for Safety and Health at Work.
Proprio l’agenzia europea – dice Simon, evidenzia come la percezione di incertezza del posto di lavoro si traduca in rischi più alti in termini di disagio psicologico, ma anche fisico per chi vive rapporti di lavoro discontinui. L’Italia in tal senso si classica tra i Paesi europei in cui questa precarietà è più alta e i settori dove maggiormente si registra sono l’agricoltura, le costruzioni e l’industria manifatturiera.
Settori che il NIDIL di Taranto denuncia essere anche quelli dove il lavoro precario, somministrato o con voucher (che secondo il contratto di governo potrebbero essere reintrodotti – ndr) ha fatto denunciare nell’ultimo triennio (dati INAIL) circa 13mila denunce di infortunio sul lavoro.
Parliamo di infortuni registrati e riconosciuti come tali – sottolinea inoltre il segretario del NIDIL – ma sappiamo benissimo che per la maggior parte dei lavoratori atipici o precari o in scadenza è sempre difficile mettere in relazione le proprie condizioni di lavoro con il diretto alla salute, ma anche con il diritto di dire no a certe attività pericolose o fuori dalle procedure. Insomma chi è precario teme di opporsi e per questo è disposto a tutto.
Si tratta di un arretramento di tutele che abbiamo il dovere di arrestare – conclude Daniele Simon – specie quando il terreno dello scontro si sposta, come nel caso di Taranto, su dibattiti a volte sterili e incapaci di determinare il cambiamento auspicato. Le leggi e le norme esistono e per questo sarebbe utili istituire anche modalità elettroniche, un libretto riepilogativo di tutta la formazione effettuata dal lavoratore durante la sua carriera, individuare una modalità di conservazione della cartella sanitaria e di rischio, dare a tutti i lavoratori al di là della tipologia contrattuale la possibilità di eleggere i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e rendere effettivo anche per i lavoratori flessibili e saltuari il reinserimento al lavoro in caso di infortunio.