“È difficile esprimere il dolore e la costernazione che si provano dopo l’ennesimo drammatico incidente sul lavoro, che questa volta è costato la vita ad un giovane operaio di 28 anni.
Angelo Fuggiano era residente ai Tamburi: conosceva pertanto gli effetti devastanti dell’inquinamento ed esprimeva il naturale ed irrinunciabile bisogno di lavorare. È una vicenda umana emblematica della tragica spirale che avvolge la questione Ilva. Lascia la moglie e due figli. A loro, prima di tutto, ai suoi familiari ed ai suoi colleghi, rivolgo i miei più sinceri sentimenti di cordoglio e solidarietà. Nella speranza che con questa morte si ponga fine a questo tremendo bollettino di guerra. Quando il lavoro diventa sinonimo di malattia e morte, siamo fuori dalla modernità e dalla civiltà”