“Cari colleghi, vi scrivo in merito alla proposta di legge per la riduzione delle liste d’attesa in sanità.
Il prossimo 19 aprile cominceremo l’esame in Commissione e mi piacerebbe trovare l’impegno di tutti nel migliorare il testo, partendo dal concetto – ovviamente -, che in Italia non è possibile (lo dice la legge e il contratto collettivo) ciò che invece si tollera colpevolmente: il disallineamento dei tempi d’attesa tra attività istituzionale e attività libero professionale. E non è possibile tollerarlo a prescindere dalle motivazioni (fondate o pretestuose) che lo determinano.
In linea dunque con tale indiscutibile precetto, la proposta di legge prevede numerose disposizioni che tendono a valorizzare l’impegno dei medici bravi e coscienziosi (la maggior parte) e a colpire il sabotaggio della sanità pubblica da parte di professionisti (una piccola parte) menefreghisti e scaltri; ‘qualità’ quest’ultima con cui si aiutano per rendere credibili argomenti inconsistenti agli occhi in buona fede dei più.
Di qui una domanda: da che parte vogliamo stare?
Vogliamo stare dalla parte ampiamente maggioritaria dei medici coscienziosi e dei cittadini, o dalla parte grandemente minoritaria dei menefreghisti?
La risposta mi sembra scontata.
Qualcuno mi ha fatto osservare che a volte la causa dei tempi lunghi risiede nelle carenze strutturali o di organico. È vero. Tanto vero che la proposta di legge, partendo dal presupposto che l’obiettivo dell’allineamento non è derogabile per nessun motivo, considera tali casi, disponendo in favore dei medici incentivi economici per ridurre le liste d’attesa.
Ma siete sicuri che tra le molteplici cause non vi siano motivi diversi dalle carenze strutturali o di organico? Avete mai osservato, azienda per azienda, il rapporto tra i volumi dell’attività istituzionale e quella libero professionale?
Io l’ho fatto ed ho dedotto, con l’aiuto di numerosi tecnici di organizzazione sanitaria, i casi problematici di volumi sproporzionati a parità di ora lavorate e in una stessa giornata.
Vi sembra giusto tale stato di cose e magari far finta che il problema non esista perché ‘benaltra’ è la soluzione? Senza approfondire il fatto che il ‘benaltro’ non arriva mai se non si comincia da qualcosa. A meno che il ‘benaltro’ consista nell’immobilità o in un movimento senza spostamento.
È stato inoltre detto che la sospensione temporanea dell’attività libero professionale alimenterebbe il fatturato della sanità privata. E perché mai? In quali termini causali l’incentivazione del numero delle prestazioni istituzionali (cioè farne di più) dovrebbe incentivare il ricorso al privato? Anche l’attività libero professionale è prestazione privata e non sarà certo il luogo ove si svolge che fa mutare il paradigma giuridico che la sostiene.
In realtà mi piacerebbe che si considerasse il fatto che la sanità pubblica italiana è ampiamente preferita dai benestanti, i quali ricorrono raramente alle prestazioni libero professionali perché hanno sempre qualche buona conoscenza per ‘aggiungersi’ all’ultimo momento alla lista del giorno. Sono i meno integrati, invece, che pur di avere la prestazione richiesta accettano l’attività libero professionale a pagamento. Sul punto ci sono indagini statistiche e studi che andrebbero opportunamente valutati.
C’è anche chi, in queste ore, sta affibbiando alla proposta la caratteristica della demagogia, cioè eccitare le paure della gente per sostenere un progetto di ‘criminalizzazione’ della professione medica.
La critica non coglie nel segno perché demagogia è ciò che contrasta le leggi, i dati statistici e la realtà: in questo argomento invece la legge c’è, i dati statistici pure e la realtà è nell’esperienza è nelle cronache di ogni giorno.
Ho scritto questa lettera perché sinora solo un collega del M5S si è dichiarato apertamente a favore, mentre tutto lo schieramento di centro destra – ad esclusione della contrarietà di due autorevoli colleghi di DIT Noi per l’Italia – ha serbato il massimo silenzio.
Penso che per i silenti la ragione consista in uno studio non ancora compiuto e per i contrari in un primo giudizio sommario salvo ulteriori approfondimenti.
Ed è allora per offrirvi qualche elemento in più nella riflessione che vi ho scritto, perché il 19 aprile è vicino e le liste d’attesa sono un problema che si vive nello stesso momento in cui noi discutiamo ed io vi scrivo.
E se qualcuno ha qualche idea non ‘benaltrista’ che raggiunge prima e meglio l’obiettivo, la mia firma c’è già e sarà valida anche nella versione apocrifa”.