Questa mattina, in occasione del settimo anniversario dell’omicidio di Giuseppe Mizzi, ucciso per un tragico scambio di persona, su iniziativa dell’amministrazione comunale è stata deposta una corona in piazza Venezia, il luogo in cui fu ucciso.
Alla cerimonia hanno partecipato il sindaco Antonio Decaro, i consiglieri del Municipio IV, le autorità militari, i familiari di Giuseppe Mizzi e i volontari dell’associazione Libera – nomi e numeri contro le mafie.
“A distanza di 7 anni, siamo ancora una volta qui, insieme, a ricordare Giuseppe Mizzi, ucciso in questa piazza, mentre tornava a casa – ha detto il sindaco -. Siamo qui, tutti insieme, a testimoniare che nessuna vittima innocente può essere dimenticata o abbandonata dallo Stato. E che, per quanto nessuna commemorazione restituirà Giuseppe alla sua famiglia, è importante ricordare la sua storia, perché tutti comprendano che la mafia uccide ovunque e può succedere che chiunque di noi ne sia vittima, anche se innocente. A Carbonara, come al quartiere Libertà, a Japigia o al quartiere San Paolo.
Giuseppe non aveva nessun coinvolgimento con la criminalità ma al contrario viveva la sua vita da uomo mite qual era: lavoratore onesto, marito amorevole, fratello presente. Un uomo per bene che ha avuto la sfortuna di incontrare sulla sua strada un’altra persona, Antonio Battista, che adesso per fortuna sta scontando l’ergastolo.
E con l’uccisione di Giuseppe, la mafia ha creato una profonda ferita in questo quartiere. Perché la mafia impone la propria presenza sui territori attraverso manifestazioni come i fuochi di artificio per festeggiare una scarcerazione nella città vecchia, o le estorsioni alle aziende, praticando l’usura o incutendo paura ai cittadini.
Ma noi siamo qui per dire che non abbiamo paura, e se oggi siamo qui è grazie soprattutto alla determinazione della famiglia Mizzi, di sua moglie, dei suoi genitori e di suo fratello, che fanno cittadinanza attiva ed entrano nelle scuole per raccontarci cos’è la mafia e cosa significa incontrarla un giorno qualunque della nostra vita.
La mafia non è riuscita a prendersi questa città negli anni Novanta, quando i clan erano forti, e non ci riuscirà a maggior ragione oggi che tutti i clan sono stati indeboliti grazie alla determinazione e alla professionalità delle forze dell’ordine e della magistratura, che ringrazio per l’impegno quotidiano e per essere qui, come sempre, al nostro fianco.
I clan purtroppo ritornano, anche se decapitati, e tentano di riprendersi lo spazio lasciato dagli altri, e anche all’interno degli vari gruppi criminali ci sono fibrillazioni per i ruoli di maggior potere, che è la ragione per cui in questo periodo si registrano una serie di agitazioni. Ma noi resisteremo, combatteremo ogni giorno per difendere la città e saremo qui sul territorio, ogni giorno, anche a ricordare le vittime innocenti di mafia, come Giuseppe Mizzi. Lo dobbiamo non solo alla sua famiglia ma all’intera comunità. Qui davanti a questa targa, dobbiamo ricordare ogni anno le ferite che la mafia ha inferto alla nostra comunità”.
“Non è mai facile per me ricordare quel giorno – ha proseguito Katia Mizzi – un giorno che in pochi attimi ha cambiato la mia vita. Oggi sono qui perché vorrei rivolgermi soprattutto ai nostri ragazzi, ai nostri figli, che sono il futuro di tutti noi. Quando avvengono omicidi come quello di Giuseppe, è una sconfitta per tutti, non solo per le famiglie coinvolte. Ognuno di noi perde qualcosa, una parte del diritto alla vita. Ognuno di noi può essere ingiustamente colpito. Solo i nostri figli possono far sì che questo mondo cambi, che si possa vivere in un mondo fatto di lavoro e non di sangue, perché domani quel sangue potrebbe essere il nostro. So bene quanto sia difficile oggi introdursi nel mondo del lavoro, perché è il lavoro che fa camminare i diritti, ci aiuta a non sbagliare. È vero, è difficile ma non è impossibile. Ragazzi, dovete farcela, dovete impegnare tutte le vostre energie affinché questo non avvenga, per fare delle nostre delle vite dignitose. Pino è stato un esempio. Noi non siamo mai stati ricchi ma avevamo la ricchezza dell’anima. Pino viveva di un lavoro che aveva costruito pietra su pietra. Pur non avendo studiato, era riuscito a dare serenità alla sua famiglia, quella serenità fatta di cose semplici, di piccoli gesti. Perché sono le piccole cose che fanno grande la nostra vita. Lui non ha mai mollato, anche nei momenti difficili non ha mai sbandato. Ha continuato a cercare di costruire la sua vita con dignità. Non potete immaginare il dolore che provoca una vita spezzata in chi rimane. Io e mio marito abbiamo camminato con le stesse gambe per lunghi anni. Per lunghi anni batteva lo stesso cuore. A volte guardo i miei figli e i loro occhi, che mai più potranno guardare quegli occhi che li amavano tanto. Ragazzi, figli miei, figli nostri, come cambia la vita in pochi attimi. Pochi attimi bastano per farti morire e chi rimane fa solo finta di vivere senza riuscirci davvero. Cos’altro dire: a volte trovo conforto nelle parole di Sant’Agostino: non rattristiamoci per averlo perso ma gioiamo per averlo avuto. Dobbiamo essere uniti per sconfiggere la mafia”.
Mario d’Abbicco, responsabile Libera Puglia, ha ricordato il ruolo fondamentale svolto dai familiari delle vittime innocenti di mafia nell’educazione alla vita e alla legalità, invitando tutti a partecipare alla veglia ecumenica in programma sabato 17 marzo, alle ore 19, presso la cattedrale di San Sabino dove alla presenza di don Ciotti si raccoglieranno 450 familiari provenienti da tutta Italia per partecipare alla marcia nazionale del 21 marzo, che quest’anno si svolgerà a Foggia.