Di Vito Piepoli – Nella solennità dell’Epifania, l’Arcivescovo Mons. Filippo Santoro ha celebrato la santa messa in Concattedrale a Taranto, insieme al Capitolo Metropolitano, in occasione del sesto anniversario del suo ingresso in diocesi. Di seguito riportiamo, non integralmente, le sue parole riferite durante la cerimonia.
Il messaggio dell’Epifania è che tutte le genti, ogni uomo, ogni persona è chiamata alla salvezza. Per ogni uomo è offerta la luce che viene dal Signore per la vita e per il cammino dell’esistenza. Innanzitutto i Magi sono il segno di questi popoli che cercano qualcosa che illumini tutta la loro vita.
Una celebre citazione di Papa Benedetto XVI diceva: ma perché si sono mossi ? Perché cercavano il bene, cercavano la ragione della vita, perché non si accontentavano semplicemente di sopravvivere, nelle vicende, nelle difficoltà di tutti i giorni, ma cercavano la verità, una luce più grande delle stelle, qualcosa che illumina il quotidiano. E questo li ha mossi. Sono stati mossi a questa ricerca ulteriore, da un segno, dall’apparire della stella. Nella realtà hanno trovato un segno e lo hanno seguito. Una stella che è documentata dal punto di vista temporale e geografico, e si sono mossi. Quella stella è stato il segnale della loro vocazione. Sono stati chiamati, si sono mossi perché qualcuno li ha chiamati attraverso il segno. È sempre la realtà che ci chiama, la realtà che fa scattare la nostra vocazione.
E ci accorgiamo che il Signore attraverso dei segni ci chiama a cercarlo, a cercare la verità, a cercare Lui. E per ciascuno di noi i segni sono importanti. Voi vedete anche oggi i sacerdoti, i capitoli metropolitani presenti, qualcuno è raffreddato come tantissimi altri del popolo di Dio, l’influenza prende pure i canonici, il segno è quello dell’unità del capitolo, dell’unità dei sacerdoti con il vescovo e dell’unità di tutto il popolo di Dio. Coi segni il Signore ci chiama e ci chiama ad una risposta, a cercarlo di più ad incontrare qualcosa ancora di più grande e i Magi si son messi in cammino, hanno risposto, per cui la loro risposta è in questo cammino, è in questo dire di sì, in questo non rimanere fermi.
Quando una realtà ti provoca, quando un annuncio ti provoca, bisogna mettere in moto la ragione innanzitutto. La ragione, l’intelligenza, è questa che si muove e vuole sapere, vuole conoscere, vuole la risposta, e la ragione si muove sempre ma si muove particolarmente nell’età tipica della ricerca che è la gioventù. Poi dopo uno si adegua, si conforma, si siede anche se mai la ragione scompare, ci accompagna e quindi si sono mossi, ma di oggi è che ciascuno di noi deve essere portato a muoversi ad alzare il corpo, a prendere sul serio i segni che il Signore ci offre.
Si sono mossi e sono stati condotti fino a Betlemme e lì la stella, dopo l’intervallo dell’incontro con Erode, è riapparsa e ha a illuminato la grotta col bambino e si sono avvicinati, ed hanno manifestato tutta la loro gioia e hanno offerto i loro doni al bambino, l’oro, l’incenso e la mirra. L’oro per il re, l’incenso per il Signore del cielo e della terra, la mirra per colui che dopo il sacrificio della vita con la morte, sarebbe stato l’olocausto per la salvezza di ognuno di noi.
I Magi offrono i loro doni, sono chiamati, si mettono in cammino e offrono la vita, offrono quello che hanno, è questa offerta che corrisponde proprio all’atteggiamento di chi non fa una visita, un incontro senza offrire nulla, non si va in una casa senza portare niente. Ed è importante che ci sia il dono, che ci sia l’offerta a colui che è riconosciuto come il segno straordinario del cielo e della terra, costui merita il dono della nostra vita. E quindi anche tutto ciò che nella nostra tradizione si festeggia per l’Epifania, il fare regali, ha un significato cristiano, non pagano, il dono che riceviamo, il dono che si dà ai bambini, agli amici, il dono che siamo noi per gli altri.
E quindi l’offerta, importantissima, per cui apriamo gli scrigni della nostra vita e facciamo dono del meglio che abbiamo al Signore, perché quando offriamo il meglio al Signore noi lo riceviamo trasformato, rinnovato, arricchito ancora di più.
E dopo i Magi tornano ai loro paesi per un altro cammino, non passano più da Erode, cambiano strada, ma non solo per evitare Erode, ma perché dopo l’incontro col Signore, sono cambiati, è cambiata la loro vita, è un’altra strada illuminata da quella luce, è un’altra strada illuminata da quella presenza: la Verità in carne ed ossa, la Verità tra di noi, la Salvezza tra di noi, e perciò uno cambia, cambia strada ed è tutto un cammino che si compie e si realizza.
In questa giornata dell’Epifania è l’origine del mio ministero qui a Taranto e allora riguardando questi segnali passati, lo dicevo ai sacerdoti, la prima nota che mi caratterizza è che anche tra gli impegni, le difficoltà, le circostanze difficili, mi trovo ad essere contento.
Questa letizia perché?…perché ho risposto ad una vocazione, ad una chiamata e l’ho fatto col cuore. E poi insieme con i sacerdoti, e con tanti altri della nostra società abbiamo percorso un cammino per il bene della gente. E quindi contento per la presenza del Signore perché qui si realizza la vocazione. La nota dominante non sono i lamenti, e questo non funziona, e questo non va, ma la gratitudine per il fatto che uno ha percorso un cammino a servizio del Signore e al servizio delle persone che ci sono state affidate, con tutti i problemi che abbiamo, della salute, dell’ambiente, del lavoro, della città vecchia, problemi che conosciamo bene. Ed è proprio questa nota in cui ci spendiamo che c’è l’offerta, aprendo gli scrigni diamo il meglio di noi e poi la gratitudine per la presenza dei sacerdoti, perché il cammino si è fatto, lo facciamo proprio insieme.
E quello che scaturisce da questa gratitudine è un desiderio ancora più grande di essere vicino alle persone, a tutti quanti, di essere vicini come Chiesa alle domande, ai drammi, alle difficoltà delle persone che soffrono, ma segno della vicinanza del Signore, segno di una vicinanza che non risolve tutti i problemi, molti rimangono ancora aperti, ma ci fa vivere dentro i problemi non perduti, costruttivi, capaci di costruire.
E in questo senso un problema che all’inizio mi aveva toccato e ferito, che alcuni dormivano per strada, ha portato ad una soluzione. Ho pensato proprio al nostro centro notturno di accoglienza “San Cataldo Vescovo” inaugurato in novembre. E poi ancora per i nostri migranti, i rifugiati, è in funzione il monastero “Gesù sacerdote” delle Carmelitane. E quindi non solo buoni sentimenti, ma fatti, che il Signore e la collaborazione di tutta la Chiesa e di tutti quanti ci fa compiere.
Perciò questa gratitudine diventa operativa, e sta ad indicare la direzione, ed una vicinanza. Non siamo stati affacciati sul balcone, ma nella via. Vogliamo essere sempre di più dentro la vita quotidiana, portatori di Cristo, non di soluzioni magiche ma di una presenza che ci fa stare con il cuore spalancato, attenti, facendoci provocare, facendoci ferire dalla realtà, non perdendo le circostanze che ci sono offerte, non lasciandole cadere, ma accogliendole e dando il nostro contributo, di cuore e di intelligenza.
Infine domina il desiderio di quello che vi dicevo nei primi incontri, di consumare la suola delle scarpe, cioè di continuare a vivere la nostra missione, la nostra presenza a tutti i livelli, in quest’anno particolare tra i giovani, questo è l’anno del sinodo dei giovani, e ma quello che si dice ai giovani, il lavoro fatto con loro aiuta tutte le età, perché permette a tutti un risveglio e un cammino nella verità, nella giustizia, nella bellezza, in qualcosa che sia grande e sia vario e per questo il nostro desiderio è proprio il continuare, il camminare insieme per la vocazione, l’appartenenza per i servizi, il camminare insieme non un cammino solitario.
Ecco questo è il motivo della contentezza, un cammino comune, sinodale, con la Chiesa di Dio, con il Signore che abbiamo incontrato.
E dopo questo tempo in cui ho conosciuto la diocesi in tutti gli angoli nei vari aspetti, è giunta l’ora di cominciare sistematicamente, la visita pastorale a tutte le parrocchie proprio per un’ulteriore vicinanza, a rafforzamento dei vincoli di appartenenza e della missione di essere per le persone del nostro tempo quella stella che illumina. E ciascuno di noi è chiamato ad essere per gli altri fonte di luce, la grande stella che ci illumina è il Signore, il verbo fatto carne in mezzo a noi. Ma poi nella nostra vita ci sono delle stelle più piccole che sono le persone che ci hanno fatto fare l’incontro e queste sono importanti. E così, incontrando le persone nelle parrocchie, che ciascuno di noi e tutta la Chiesa possa essere questa stella che illumina il cammino della nostra diocesi, della nostra società, portatori come è successo per i Magi, di una grande gioia, di una grande speranza.