Sono passati ormai diversi anni dal varo in Puglia del piano di riordino ospedaliero. E mentre la politica regionale gongola per i risparmi economico-finanziari ottenuti con tagli lineari indiscriminati, i cittadini pugliesi pagano il conto sulla propria pelle e quelli di Taranto ancora di più. Ma di che cosa ci si compiace se, ad esempio, il pareggio non si è avuto, essendo stato necessario il contributo di 50 milioni di euro da parte della Regione sul bilancio sanitario? D’altro canto assistiamo all’aumento della spesa per la mobilità passiva, arrivata a ben 331 milioni di euro, mentre il tanto decantato “centro unico di spesa” è ancora una chimera. Ma il reale problema per i cittadini è rappresentato da ciò che questa scellerata politica di tagli ha determinato soprattutto nel capoluogo jonico: allungamento delle liste d’attesa, disattivazione del ponto soccorso all’ospedale Moscati di Taranto e al San Marco di Grottaglie, mancata attivazione sul territorio dei poliambulatori previsti, rapporto abitanti posti letto più basso in Puglia (2,7 contro il 3,4 regionale) e tra i più bassi a livello nazionale (che ha una media di 3,7), organici sottodimensionati, con conseguenti disagi per i lavoratori e gli utenti. A tutto questo aggiungiamo la beffa dell’ospedale San Cataldo: in una situazione drammatica come quella tarantina, in cui ci sarebbe bisogno di misure adeguate e urgenti, si promette un ospedale che forse sarà pronto tra dieci anni, che attualmente è privo delle autorizzazioni necessarie, che va realizzato di sana pianta (collegamenti viari e utenze comprese) con enorme dispendio di denaro dei contribuenti. A questo punto viene da chiedersi quanto stia realmente a cuore la salute dei tarantini al governo regionale, che tanto si batte in contesti nazionali per esprimere le sue tesi sul nostro futuro industriale, ma d’altra parte considera la nostra terra come provincia di serie B.
ANTONIO SINDACO Coord. Prov. Movimento AMBIENTE E LAVORO