Le parole del Ministro Calenda, a margine dell’incontro svoltosi oggi al MISE, sono inaccettabili. Dichiarare che lo stabilimento Ilva di Taranto verrà spento il 9 gennaio 2018, se il Sindaco di Taranto e il Presidente della Regione Michele Emiliano non ritirano il ricorso al TAR, sembrano le parole dell’Amministratore delegato di un’azienda che sta conducendo una vertenza per tutelare i propri interessi economici e non quelle di un Ministro della Repubblica. Il muro contro muro sta diventando una specie di messa in scena fra le parti che rischia di produrre solo un’asta al ribasso nei confronti della tutela del lavoro e della tutela della salute. Siamo stanchi di ripeterlo, ma continueremo a farlo fino a quando il buon senso non torna ad essere alla base dell’attività istituzionale.
Abbiamo chiesto già, in ogni sede, al Presidente Emiliano, di ritirare il ricorso per compattare la Città di Taranto e i lavoratori della fabbrica che devono unirsi intorno a un percorso chiaro verso l’ambientalizzazione dello stabilimento siderurgico di Taranto. La minaccia di spegnimento dell’azienda, arrivata a seguire quella che preannunciava la dipartita degli acquirenti, sempre da parte del Ministro Calenda, fa capire che il rischio di abbassare la guardia sulla tutela dei diritti dei lavoratori e sulle imposizioni riguardanti gli investimenti per rendere compatibili gli impianti con l’ambiente, è concreto.
Non capisco perché il presidente Emiliano continui a prestare il fianco a questo gioco al ribasso che continua a svilire il ruolo stesso delle Istituzioni.
Calenda, sgombri il campo dalle minacce e riapra la discussione nei contenuti del percorso di ambientalizzazione, consentendo agli Enti locali di far valere le loro istanze a tutela del territorio. Se nessuno dei due, si farà carico di rimettere in discussione la propria posizione, sappiano, entrambi, che i cittadini di Taranto e i lavoratori dell’Ilva, non dimenticheranno facilmente chi, in nome di una presunta battaglia di posizione, avrà danneggiato definitivamente la possibilità di rimettere in campo un percorso di convivenza fra diritto all’ambiente e diritto al lavoro. E, se in una Città come Taranto salta l’equilibrio sociale, non ci sarà nessuna posizione da rivendicare per nessuno dei responsabili di questa situazione.
Mino Borraccino