L’approvazione alla Camera della mozione per contrastare la violenza di genere, rappresenta un passo avanti rispetto ad un problema dilagante: il femminicidio. Un fenomeno che negli anni ha avuto bisogno si coniasse un termine ad hoc per identificarlo e per differenziarlo dall’omicidio. Il termine “femminicidio”, infatti, indica l’uccisione diretta o provocata, l’eliminazione fisica o l’annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale. Un concetto, quindi, che va oltre la morte fisica. Un “olocausto” patito dalle donne che subiscono violenza.
Il 25 novembre viene celebrata la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Il quarto rapporto Eures, rileva che nei primi 10 mesi del 2017 sono 114 le donne vittime di femminicidio nel nostro Paese. Una media di quasi uno ogni due giorni. Nel 2015 furono 142, trend in crescita nel 2016, quando se ne contarono 150. Dal 2000 ad oggi, le donne uccise per mano di un uomo sono circa 3mila. La loro morte, ha portato con sé altre vite spezzate: quella dei bambini e delle bambine privati delle loro mamme, uccise dai loro padri. In Italia gli “orfani speciali” sono oltre 1600. Vengono definiti “speciali” perché nello stesso momento hanno perso entrambi i genitori: la madre, vittima di femminicidio e il padre, rinchiuso in carcere o, in alcuni casi (il 30 per cento, circa), morto suicida. Bambini per i quali, nelle more dell’approvazione del provvedimento in materia, attualmente all’esame del Senato, nella mozione approvata alla Camera si chiede di adottare ogni iniziativa utile al loro sostegno e alla loro tutela.
Legislativamente si possono mettere in campo atti ed iniziative per arginare il fenomeno, per cercare di punire chi commette il fatto e mettere a disposizione delle donne i mezzi di tutela. Ma come eliminare un problema atavico come quello della violenza dell’uomo sulla donna? Cosa spinge gli uomini ad uccidere le donne?
Faccio mie le parole dello psicologo e psicoanalista, Carlo Arrigoni: “La risposta ci può sembrare banale: perché le odiano. Odiano la loro differenza. […] L’uomo (malato) concepisce il rapporto solo come potere e possesso, non concepisce la differenza, il rapporto tra soggetti come tra diversi e complementari. […] C’è una sola alternativa, per chi vuole guarire dall’odio, senza finire nella perversione: due sessi, come ricchezza, differenza, vantaggio. Due sessi, come due soggetti diversi, con la possibilità di un sovrappiù per entrambi. Certo bisognerebbe guarire dall’orgoglio, espressione istintiva dell’affermazione e del potere. Guarire dal potere e dall’orgoglio: è forse questa la battaglia ultimativa della contemporaneità? E’ forse questa la vera soluzione che ci salverà dal femminicidio e dall’odio dilagante?”
Certamente, quando si parla di violenza sulle donne e di femminicidio, non si può mai declassare il fenomeno ad un improvviso momento di follia.
Taranto, 24 novembre 2017
On. Ludovico Vico