La questione ambientale a Taranto arriva da lontano, l’aria di questi giorni nel quartiere Tamburi, testimonia che c’è ancora molta strada da fare e che accanto allo scontro di ruoli e competenze, bisogna iniziare a fare cose concrete.
E’ comprensibile la richiesta di coinvolgimento delle istituzioni locali nel percorso di elaborazione dei decreti, ma rispedire tutto al Tar rischia di allontanare ancora il percorso di ambientalizzazione, troppo annunciato e poco praticato.
Nello specifico il DPCM (Decreto del presidente del Consiglio dei ministri) prevede l’anticipo della costruzione dei parchi minerali rispetto all’AIA (che reca la firma delle istituzioni locali) e lo stanziamento di 400 milioni di € destinati nello specifico alla costruzione dei parchi. Una ulteriore sospensiva, che già ha ritardato ambientalizzazione e confronto sindacale, rischia di far saltare tutto.
Ricorrere al Tar non risolve ne la necessità di coinvolgimento delle istituzioni ne ha impatti tempestivi (come servirebbe) sull’ambiente , c’è bisogno di operare al più presto per l’ecosostenibilità della produzione, dopo tanti anni di chiacchiere.
Il negoziato per la cessione dello stabilimento sarà durissimo, bisognerà centrare gli obiettivi della difesa dell’occupazione, del rilancio produttivo, dell’ecosostenibilità, infine ci sarà il vaglio dell’anti-trust europeo.
La vicenda Ilva è stata drammatizzata da responsabilità industriali, politiche e da uno scontro istituzionale tra i poteri dello Stato che non ha consentito di fare passi avanti a occupazione, ambiente e sviluppo. La salute dei lavoratori e la difesa del lavoro non possono essere ostaggio di contenziosi di altra natura, è ora di tornare a spingere tutti per raggiungere questi obiettivi.
Roma, 26 ottobre 2017 Ufficio Stampa Fim Cisl