L’unità d’Italia come non è stata mai spiegata attraverso il testamento, rimasto chiuso in un cassetto per 150 anni così come voluto dall’autore stesso, di don Liborio Romano, ministro dell’Interno e Prefetto di Polizia nella Napoli del 1860.
A raccontare queste pagine di storia, che rivelano situazioni e particolari non narrate nei libri di storia, è Umberto Rey, regista, attore e conduttore, nel suo libro “Il testamento di don Liborio, padre d’Italia”.
E giovedì 26 ottobre, alle ore 19, nella sede di via Fiume 12 dell’associazione “Le città che vogliamo”, Umberto Rey presenterà il suo libro, dal quale è stata tratta una pièce teatrale. Con lui dialogheranno la dott.ssa Annamaria Laneve del Comitato per la qualità della vita, è il consigliere provinciale Ciro Petrarulo. Porterà i suoi saluti il consigliere regionale Gianni Liviano.
Il libro è la narrazione liberamente interpretata dall’autore di alcune pagine oscure, cocenti e controverse della storia che ha determinato l’Unità d’Italia. In particolare spicca la figura del barone don Liborio Romano, qui definito “Padre d’Italia”, che avrebbe voluto sepolto per oltre 150 anni il suo Testamento con i segreti, nascosti retroscena delle vicende accadute in Italia nel 1860 e che lo videro interprete determinante di decisioni strategiche che, nel racconto, andrebbero a stravolgere le verità storiche scritte come sempre dai vincitori.
Dalla narrazione, inoltre, l’autore vuol fare emergere che l’unica leva che muove i comportamenti degli uomini che contano è il potere, economico o politico; che in politica non esiste lealtà, e che coerenza, fedeltà e sincerità non sono per niente sue prerogative. Il tutto, secondo Umberto Rey, pervaso da un interrogativo di fondo: il non riconoscere Liborio Romano come un padre di quest’Italia è stata una volontà degli storici o dello stesso don Liborio nel momento in cui chiede che la pubblicazione del suo testamento avvenga dopo 150 anni?