Non si consideri chiusa la trattativa su ILVA prima che sia iniziata. Lo si deve al rispetto per gli oltre 10mila operai che lunedì 9 ottobre hanno scioperato compatti contro le proposte di Arcelor Mittal per l’avvio della contrattazione nazionale. Il consiglio di fabbrica a Taranto ha detto cose molto chiare: tempi più brevi e misure più rigorose per ambientalizzazione impianti e bonifiche, introduzione di tecnologie avanzate e innovative, valutazione del danno sanitario, no alla riduzione dei salari e alla compressione dei diritti (Jobs act compreso), no agli esuberi e all’incertezza del ruolo dell’Ilva commissariata.
Paolo Peluso, segretario generale della CGIL di Taranto, puntualizza e certifica con il suo intervento l’argine da cui non intendono arretrare neanche per poco. Lo fa richiamando tutte le grandi questioni che riguardano il territorio, senza dividerle mai: lavoro, ambiente e l’irrinunciabile diritto alla salute.
Qui, a Taranto, abbiamo bisogno di lavoro, di risanamento ambientale, di rilancio della produzione industriale senza danni per l’ambiente e la salute non di migliaia di prepensionati, fosse anche con il benefici derivanti dall’esposizione all’amianto attraverso una nuova specifica legge nazionale – ma abbiamo bisogno soprattutto di impegni chiari che finora abbiamo registrato sotto forma di buoni intenti spesso non accompagnati da adeguate risorse economiche o vere e proprie azioni territoriali che riguardassero ad esempio non solo la fabbrica, ma anche tutto quello che vi è attorno che è la fabbrica Taranto più in generale.
Peluso poi entra nello specifico dell’azione che come sindacato proporranno a partire dai prossimi giorni.
Con la FIOM di Taranto abbiamo più volte denunciato negli ultimi mesi la presenza in ILVA e anche in altri siti della città di Taranto di amianto – dice – in ILVA, come certificato dagli stessi Commissari, in massicce quantità anche friabile. Abbiamo chiesto che la bonifica da amianto fosse inserita nell’AIA, indicando tempi rigidi per lo smaltimento. Richiesta accolta tranne che per la tempistica. Vogliamo e pretendiamo che l’amianto venga rimosso al più presto, garantendo per tutti, dico tutti i lavoratori (e le loro famiglie) di correre il rischio di contrarre l’asbestosi.
Per questo il segretario della CGIL chiede il riconoscimento dei benefici correlati all’esposizione alla pericolosa fibra cancerogena e l’estensione dello stesso anche ai lavoratori pubblici e privati (appalti) dell’Arsenale di Taranto, ma come diritto universale per tutti gli esposti e non come solo come governo degli esuberi ILVA.
Un tema caro al sindacato che proprio nelle scorse settimane aveva anche chiesto un intervento specifico da parte delle istituzioni territoriali coinvolte senza ricevere un benché minimo segnale di attenzione.
Abbiamo scritto anche ai Sindaci – dice Peluso – a quello di Taranto in primis chiedendo che la città fosse liberata dall’amianto nascosto non solo in fabbrica ma anche in altri siti sensibili a ridosso della zona industriale. Oggi quel tema fa il paio con un territorio che va valutato nel suo complesso perché la fabbrica e la città non sono due cose distinte, così come non lo è il tema degli esuberi rispetto a quello delle bonifiche ambientali, degli interventi strutturali e infrastrutturali, o del deficit di personale nella pubblica amministrazione e nella sanità. E’ la città che va risarcita e porre la questione parlando solo degli operai ILVA ci fa correre il rischio di rompere ulteriormente il fronte di un territorio fin troppo diviso.
La trattativa che attende il Sindacato sappiamo che sarà difficilissima – commenta ancora il segretario della CGIL tarantina – Ma dare per scontati gli esuberi in tali quantità (4000) dopo aver sostenuto “nessun esubero” appare destabilizzante. La trattativa si avvii e si svolga al tavolo con la controparte, partendo dalla richiesta di accelerare sull’ambientalizzazione per riportare in tempi più rapidi a livelli di produzione tali da riassorbire la manodopera. Può ripartire di qui un’interlocuzione concreta con le istituzioni locali, per far fronte comune e condizionare la trattativa nazionale verso esiti meno incerti e più garantisti per i lavoratori e le comunità locali.
Ricordo che la Regione Puglia ha una legge che prevede la valutazione del danno sanitario di molto più avanzata di quella nazionale che, purtroppo, ne ha diminuito la portata; che a Taranto esiste, ma solo sulla carta, un Centro Salute e Ambiente che, se reso davvero funzionale, potrebbe esercitare una pressione fortissima sull’acquirente in tema di interventi di innovazione produttiva e ambientale.
Serve però una alleanza forte tra tutti gli attori del territorio – conclude Peluso – per difendere con una precisa clausola sociale l’intero bacino occupazionale di Taranto (diretti e indotto) e per evitare che si disperda al vento, come fosse polvere di minerale, la grande unità e forza che la straordinaria partecipazione allo sciopero dei lavoratori dell’ILVA e dell’appalto ci ha consegnato nelle mani. Dovremo assumere decisioni importanti, ma nessuno osi prenderle senza averli ascoltati.