La vecchia politica non funziona più. Il paradigma tradizionale della concentrazione del potere e della sua gestione dall’alto è andato in frantumi. Lo Stato e il Partito non sono più sovrani e la società ha imparato a operare in autonomia, come un’immensa rete di scambi che innescano creativi processi di trasformazione. Se la politica vuole recuperare un ruolo efficace deve tradursi in un dispositivo che aiuta le persone a condividere una comune visione di futuro, valorizzando il loro capitale di energie e competenze, passioni e tempo: questa è la politica generativa, una piattaforma in grado di attivare il cambiamento e di incidere sul corso degli eventi, sperimentando nuove pratiche di comunità. La politica generativa è costruire il senso del noi piuttosto che dell’io.
Pensieri e parole di Guglielmo Minervini, politico di spessore prematuramente scomparso consumato da un male incurabile. Pensieri e parole che l’ex assessore regionale, durante il doppio mandato del presidente Nichi Vendola, e già sindaco di Molfetta ha consegnato nel volumetto “La politica generativa. Pratiche di comunità nel laboratorio Puglia” presentato lunedì sera nella sala dell’ex biblioteca Acclavio (palazzo della Provincia di Taranto) in un incontro organizzato dall’associazione “Le città che vogliamo” e dal consigliere regionale Gianni Liviano che, alla politica generativa si è ispirato nella costruzione della legge regionale speciale per Taranto.
A spiegare il significativo di politica generativa e a tratteggiare la figura di Guglielmo Minervini uomo e politico, sono stati l’ex assessore regionale all’Urbanistica, Angela Barbanente, l’avv. Giulio Calvani, che di Minervini è stato stretto collaboratore, don Antonio Panico, sociologo e direttore della Lumsa sede di Taranto. Tra il pubblico, insieme al consigliere regionale Gianni Liviano, la sig.ra Maria Turtur, ispiratrice della fondazione omonima.
“Apertura verso gli altri; condivisione, ovvero mettere in comune le idee migliori; attivazione di intelligenze, creatività, sapere diffuso. Questo era Guglielmo Minervini”, ha spiegato la prof.ssa Barbanente che con Minervini ha condiviso i dieci anni della giunta Vendola. “Guglielmo – ha aggiunto la Barbanente – ha avuto l’intuito di cogliere che le risorse più importanti sono quelle umane e che attraverso la partecipazione la politica può essere radicalmente diversa rispetto alla politica praticata”. Argomenti ripresi subito dopo dall’avv. Giulio Calvani.
Politica generativa, il grimaldello che Minervini ha saputo utilizzare per far avvicinare i giovani alla politica per far capire loro che non è una cosa brutta, sporca e cattiva; per potenziare il ruolo della formazione per far emergere competenze, idee e capacità; per far comprendere che il cambiamento richiede che il potere sia distribuito quanto più possibile.
Una sorta di modello, come lo ha definito Giulio Calvani, che mette insieme “passione e razionalità. Ambedue servono perché si può costruire razionalmente non escludendo la dimensione affettiva”, perché la passione ti viene quando vivi il territorio e la politica senza passione è triste.
E poi lo sguardo sempre rivolto all’universo giovanile. “Il progetto Bollenti Spiriti, pensato da Minervini, per l’attivazione delle risorse giovanili – ha infatti ricordato Calvani – è diventato un punto di riferimento per molte politiche pubbliche regionali ed europee”.
L’auspicio, ha poi concluso don Antonio Panico, “è che la politica adesso non resti può povera dalla scomparsa di Minervini. Al contrario – ha aggiunto – serve recuperare la buona politica che sappia prendere le giuste distanze dal potere. Come del resto lo stesso Minervini scrive nel suo libro: il potere è la coca del narcisismo. Pensi di poter vivere il potere in eterno”.
Perché, sosteneva Minervini, ciascuno di noi può essere la persona giusta, le cose vanno guardate con occhi diversi, ogni potenziale idea può essere quella giusta.