Ciao operaio,
Mi presento, sono Paolo ho 36 anni, moglie e due bimbi di 5 e 7 anni.
Sono un lavoratore del mare, come si usa dire ora, ma io preferisco pescatore, e vivo sui tamburi il quartiere adiacente al tuo posto di lavoro.
Ti scrivo per raccontarti un pezzo della mia quotidianità. Lo faccio oggi che c’è tramontana, perché dopo decine di giornate umide e bollenti finalmente si potrebbe respirare un po.
Si potrebbe perché nella realtà siamo costretti a tenere le finestre chiuse nelle ore più calde, per evitare di essere sommersi dal minerale.
Caro operaio oggi che c’è vento non mi è concesso nemmeno lasciar scendere i miei figli a giocare nella piazzetta sotto casa, e credimi io non so proprio come spiegarglielo che devono restare in casa, con le finestre chiuse, anche ora che è estate e le scuole sono chiuse.
D’inverno è diverso, ci sono i compiti da fare, e non farli scendere a giocare o a passeggiare è semplice.
Pensa che assurdo, quando c’è tramontana posso non mandarli a scuola, senza bisogno di giustifica, che poi alle volte mi chiedo ma se fosse tramontana per un mese che si fa?
Lo so cosa stai pensando, scappa via da quell’inferno, ma purtroppo non posso.
E non perché sono legato al quartiere da motivi sentimentali, (e anche se qui ci sono nato, per i miei figli scapperei via di notte) ma perché sono impossibilitato a farlo. E ora ti spiego perché:
ho comprato casa circa dieci anni fa, 90 mq a circa 85000 euro, non sto qui a raccontarti il casino per avere un mutuo essendo io pescatore, oggi il mio appartamento vale poco più di 30000 euro e venderlo a questo prezzo sarebbe un miracolo.
Quindi per andare via dovrei vendere e continuare a pagare il mutuo e farne un altro per prenderne un altra, in pratica posso dirlo senza temere smentite, sono prigioniero dell’ilva.
Capisco che tu lì ci lavori per portare il pane a casa ai tuoi figli, ma tu capisci che per farlo stai avvelenando i miei?
Sei consapevole che ogni volta che ti scappa una fumata rossa i miei figli sono obbligati a respirare più veleno del solito?
Io vorrei farti capire che la salute dei miei figli dipende dal tuo lavoro, e non riesco a capire come tu possa difendere un lavoro che uccide i figli di qualcuno.
Potresti pretendere un posto di lavoro che non obblighi me e la mia famiglia a stare chiuso in casa, e se tu lo facessi io sarei al tuo fianco a supportare la tua lotta, e invece no tu difendi questo lavoro, questa azienda, che, per far vivere te uccide me.
E allora io ti scrivo, perché mi hanno sempre detto che le parole se le porta via il vento, ti scrivo perché spero che tu capisca che non è giusto vivere così, perché tu possa finalmente pretendere un lavoro pulito, che tu ti renda conto di cosa succede a pochi metri da dove lavori.
Ciao operaio, vorrei augurarti buon lavoro, ma non ce la faccio, perché il tuo non è un buon lavoro per ora.