Si è concluso a Bruxelles il Forum della Coesione, l’evento di due giorni promosso dalla Commissione europea con l’obiettivo di fornire elementi di riflessione nell’ambito della riforma della politica di coesione, anche attraverso il coinvolgimento attivo dei rappresentanti di alto livello delle istituzioni europee, dei governi centrali, rappresentanti regionali e locali, partner economici e sociali.
“Non posso nascondere una certa delusione-afferma Rosa D’Amato-coordinatrice per il Movimento 5 Stelle nella Commissione Affari Regionali del Parlamento Europe-soprattutto in merito agli interventi dei Commissari Moscovici e Ottinger e del Presidente Juncker. Appare evidente la volontà, da parte della Commissone, non solo di rafforzare le condizionalità macroeconomiche già presenti nell’attuale Regolamento, ma anche di rinforzare il legame tra politica di coesione e attuazione di riforme strutturali. I Fondi Strutturali non possono diventare un strumento ad uso e consumo del Consiglio e dei tecnocrati di Bruxelles, da utilizzare come leva punitiva per quei Paesi che non osano rispettare i diktat dell’austerità, come incentivo a riforme del mercato del lavoro, come finanziamento del fallimentare piano Juncker. Mi auguro che sin dall’inizio delle reali negoziazioni, la Commissione e il Consiglio tengano in debita considerazione la posizione espressa dall’intero Parlamento nella risoluzione votata appena qualche settimana fa a Strasburgo, dove si invoca una chiara linea di demarcazione tra EFSI e Fondi Strutturali, dove si reitera l’opposizione alle condizionalità macro-economiche e si invita a valutare l’impatto sui bilanci degli Stati Membri dei cofinanziamenti nazionali ai progetti finanziati con i Fondi Strutturali”
Uno dei temi più dibattuti è stato quello relativo alla poca visibilità della politica di coesione nei territori, confermata dall’inchiesta dell’Eurobarometro del 2015, solo poco più di un terzo (34 %) degli europei afferma di aver sentito parlare di “progetti cofinanziati dall’UE volti a migliorare la qualità della vita nella zona in cui vivono”.
“La politica di coesione è il principale strumento di investimento nell’Unione Europea -conclude D’Amato – ma per preservarla non abbiamo bisogno di vuote operazioni di marketing. Prima di tutto facciamo in modo di non ridurla ad una succursale di un piano Juncker, e a non riempirla di strumenti finanziari. In secondo luogo, lavoriamo per migliorarla, renderla più credibile e efficiente, e più vicina alla vere vocazioni del territorio, controllando anche con attenzione quali progetti vengano effettivamente poi realizzati nei diversi Stati Membri, nell’ottica di un equilibrio tra una dovuta semplificazione delle procedure e un altrettanto doveroso controllo sulla quantità e qualità della spesa”.