La città che vogliamo non sarà presente, nè con il proprio simbolo nè con una propria lista, alle prossime elezioni amministrative di giugno. A darne l’annuncio è stato il consigliere regionale Gianni Liviano questa mattina in conferenza stampa e che dell’associazione è il presidente onorario. Un annuncio che segue di ventiquattro ore quello di Dante Capriulo, fino a poche ore fa candidato sindaco di una coalizione di liste civiche all’interno della quale c’era anche quella de La città che vogliamo, di appoggiare la candidatura a primo cittadino di Rinaldo Melucci, espressione diretta del Pd.
“Ci tiriamo fuori da una competizione elettorale impazzita perché vogliamo salvaguardare la coerenza cui ci siamo appellati fino ad oggi”, ha sottolineato Liviano, a differenza “di quanto avvenuto in altri schieramenti e rispetto a quanti ad essa si sono appellati per poi fare rapidamente dietrofront “. Il riferimento non è a Dante Capriulo, o forse anche un po’ in parte, “che rimane una delle poche persone serie di questa città. Noi possiamo condividere o no le scelte politiche ma siamo amici a differenza di quanto sostenuto da alcuni”.
E sulla protervia di commenti e post su facebook “contro la mia persona”, pronunciati e scritti ancora prima di sapere quale sarebbe stata la posizione ufficiale sua e de La città che vogliamo, Liviano ha tagliato corto: “è facile giudicare le scelte degli altri. Siamo in una città arrabbiata, retorica, demagoga, piena di slogan e di faziosità pronta a sparare e a sparlare su tutto e di tutti”.
Ora che La città che vogliamo è fuori dalla competizione elettorale “mi assumo la responsabilità di aver provato a mettere insieme mondi e di non esserci riuscito. Ho fatto di tutto – ha aggiunto il consigliere regionale tarantino – per tentare di costruire sintesi, di evitare frammentazioni, di ridurre il numero di candidati sindaci, di costruire coesione comunitaria, di evitare polverizzazioni del voto, per mettere insieme le persone migliori, quelle che fanno politica per passione e per servizio e che ragionano accompagnati dal senso di responsabilità”.
Uno sforzo, ha aggiunto ancora Liviano, che si è sempre basato su tre coordinate: la discontinuità rispetto al passato, il senso di comunità, la competenza degli
attori di un percorso che si coniughi col noi”. Ho fatto di tutto, ma non ci sono riuscito.
Tanti candidati sindaci raccontano una città divisa, frammentata, immatura, irresponsabile. Ora, in un clima incattivito dove ci sono personaggi arrabbiati col mondo che usano, per candidarsi, associazioni e simboli fondati da altri; persone che fino a ieri stavano a sinistra e oggi si sistemano a destra; candidati di civiche che, prima ancora di pensare al bene comune, hanno pensato al loro protagonismo (perché diversamente sarebbero andati a sintesi) e intellettuali che scelgono, per cambiare, il candidato in maggiore continuità con gli ultimi 15 anni di governo della città, la cosa migliore è sicuramente stare fermi”.
Adesso, ha proseguito Liviano, l’esigenza di tenere unito il gruppo de La città che vogliamo – “in molti non avrebbero capito la scelta di fare un passo indietro e correre insieme al Pd” – è prevalente su ogni altra considerazione. Perché, ha poi sottolineato con forza Liviano, “dopo l’11 giugno c’è un 12 giugno. Noi come associazione ci saremo ancora. Molte liste civiche e candidati no, saranno stati cancellati dal voto. E poi – ha concluso il consigliere regionale e leader de La città che vogliamo – c’è da riprendere il discorso sulla legge regionale speciale per Taranto, già approvata dalla giunta regionale ma che va, da parte del presidente Emiliano, adeguatamente finanziata, il piano strategico e le altre mille cose che stiamo facendo”.
A quanti si erano candidati nella lista de La città che vogliamo a sostegno dell’ormai ex candidato sindaco Dante Capriulo, il via libera “a candidarsi, qualora lo ritenessero opportuno, in altre liste, nel pieno rispetto delle scelte”.