Il Gup di Lecce deciderà il prossimo 24 maggio. A rischiare il processo sono in 35.
L’operazione:
L’11 ottobre 2016 i Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Taranto, coadiuvati nella fase esecutiva dai militari delle Compagnie del Comando Provinciale di Taranto e da quelli dei Comandi Provinciali di Napoli e Bari, con il supporto di un elicottero del 6° Elinucleo Carabinieri Bari Palese ed unità cinofile antidroga ed antiesplosivo del Nucleo Carabinieri Cinofili di Modugno, hanno dato esecuzione, nel Quartiere Paolo VI del capoluogo jonico, a Napoli, Bari e Prato a 18 provvedimenti cautelari (10 in carcere ed 8 agli arresti domiciliari) emessi dal GIP del Tribunale di Lecce, d.ssa Antonia MARTALO’, su richiesta del Sost. Procuratore della Repubblica di Lecce – Direzione Distrettuale Antimafia – dr. Alessio COCCIOLI, nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico, trasporto e detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, 15 dei quali tarantini e 3 fornitori (2 napoletani ed 1 barese). Le indagini, avviate nel mese di maggio 2013 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Taranto e dirette dalla D.D.A. salentina, hanno fatto luce su un traffico di stupefacenti proveniente dai quartieri Scampia di Napoli e Japigia di Bari. Nel corso delle attività, declinatesi mediante servizi di osservazione, controllo e pedinamento con fotoriprese ed intercettazioni telefoniche ed ambientali, è emerso che il sistema criminale di Paolo VI, composto da tre gruppi a geometria variabile, gestiva un lucroso traffico di stupefacenti, del tipo cocaina, marjuana (anche della qualità “amnèsia” ad elevatissimo principio attivo, assai commercializzata a Scampia), eroina edhashish, approvvigionati in rilevanti quantità e con ingente impegno economico dalla malavita napoletana e barese. Lo stupefacente veniva immesso sulla piazza di Paolo VI, da cui si fornivano numerosi consumatori provenienti dall’intera provincia e dalle limitrofe provincia di Brindisi e regione Basilicata. Il denaro ricavato veniva utilizzato per nuovi approvvigionamenti, oltre che per la remunerazione delle figure minori, quali custodi, corrieri, staffette e spacciatori al dettaglio, questi ultimi retribuiti con 50 euro al giorno.
Il primo gruppo era diretto ed organizzato dai pluripregiudicati CIACCIA Leonardo, 42enne sorvegliato speciale di P.S., con precedenti per associazione mafiosa, omicidio, stupefacenti ed armi, emblematico “tutore” che nell’ambiente criminale ed in particolare nel quartiere Paolo VI di Taranto, riveste un ruolo di rilievo, da FAGO Nicola, detto Nico, 40enne con precedenti per stupefacenti, anche lui elemento di spicco della criminalità locale e dall’incensurato BOCCASINI Ciro, 53enne, con precedenti di polizia per ricettazione, accusati di essere i promotori, riscossori dei proventi e talvolta anche corrieri dello stupefacente. La droga veniva acquistata a Scampia dalla coppia CAIANIELLO Franco, 36enne con precedenti per stupefacenti ed ESPOSITO Assunta Edma, detta Susy, 40enne con precedenti di polizia, residenti nel quartiere Scampia di Napoli, contigui al clan camorristico “ABETE” operante nell’intera Campania ed indicato come “scissionisti” dopo la rottura con i DI LAURO.
Nell’ambito del gruppo tarantino, FAGO Angelo, 36enne fratello di Nico, con precedenti per stupefacenti, è accusato di essere responsabile dell’attività di spaccio sulla piazza tarantina, in particolare operando nella “base logistica” ubicata nel defilatissimo circolo ricreativo da lui gestito insieme al fratello in via XXV aprile, nel plesso residenziale denominato “case bianche”. Proprio al piano superiore dell’indicato stabile, gli investigatori, durante l’indagine, accreditavano l’esistenza di un locale apparentemente disabitato comunicante con il circolo-biliardo a mezzo di una feritoia ricavata artigianalmente, verosimilmente idonea al riservato scambio di involucri o danaro.
In seguito, a fronte di specifiche accuse mosse dal FAGO nei confronti del BOCCASINI, che peraltro è suo cognato, riguardanti ammanchi (“la cresta”) di droga e denaro, BOCCASINI realizzava una “scissione” dal FAGO, che BOCCASINI tacciava di avere ambizioni di egemonia intese ad aprire una “piazza di spaccio di cocaina” sul quartiere, dando vita di fatto ad un secondo gruppo ed associandosi con soggetti gravitanti attorno al pregiudicato DE LEONARDO Pasquale, detto Lello, 43enne con precedenti per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti ed associazione mafiosa, referente per l’approvvigionamento di ingenti quantitativi di cocaina proveniente dal canale barese. Successivamente venivano introdotti anche MASELLA Egidio,55enne con precedenti per stupefacenti ed i fratelli LUPOLI Angelo, 43enne con precedenti per stupefacenti, Ivano, 41enne con precedenti per riciclaggio e contrabbando e Pietro detto Piero, 36enne con precedenti per contrabbando, in affari con CAIANIELLO Franco, per l’acquisto della cocaina.
FAGO Nicola, dal canto suo, riprendeva ad importare stupefacente da Napoli, avvalendosi dell’apporto materiale, in qualità di corrieri, oltre che del fratello Angelo anche di CHIULLI Valentino, 31enne con precedenti per stupefacenti, e PORTACCI Raffaele, 27enne con precedenti per furto aggravato e stupefacenti.
Le investigazioni intraprese sul conto del BOCCASINI Ciro e dei suoi “collaboratori” hanno inoltre permesso di fare luce su un terzo gruppo dedito allo spaccio di cocaina promosso dal già menzionato DE LEONARDO Pasquale, il quale unitamente al suocero RESTA Cosimo, 60enne con precedenti per stupefacenti, COCCIOLO Massimiliano, 41enne con precedenti per associazione per delinquere, armi e stupefacenti ed allo stesso BOCCASINI, è risultato stabilmente coinvolto nell’importazione di ingenti quantitativi di cocaina provenienti dal quartiere Japigia di Bari, roccaforte storica del clan “PARISI-PALERMITI”. Il fornitore barese è stato individuato in MILELLA Domenico detto Mimmo, 36enne con precedenti per traffico, detenzione e spaccio di stupefacenti, contiguo al citato clan barese, che riceveva tranches di pagamenti dai tarantini per importi fino a 30mila euro.
Nel corso dell’indagine, è stata documentata la continuità dei rapporti intrattenuti non solo nell’hinterland napoletano, ma anche a Taranto, dove più volte è stata riscontrata la presenza dei conviventi campani CAIANIELLO-ESPOSITO. Proprio in merito alla figura della ESPOSITO, nell’attività è emerso che la donna rivestiva un importante ruolo nei traffici illeciti gestiti dal compagno, evidenziando talora anche autonomia decisionale.
Rilevanti le quantità di droga cedute e significative le somme corrisposte dai gruppi tarantini. Nel corso dell’indagine si accertava infatti che la somma effettivamente applicata dal CAIANIELLO, per la vendita della cocaina era di circa 45.000,00 euro al Kg. cui andavano aggiunti 1.000 euro per la remunerazione dei corrieri e delle staffette che li precedevano. In dettaglio, il CAIANIELLO consentiva di acquistare a Scampia o garantiva il trasporto per Taranto, stabilendo che, in caso di “perdita” del carico a lui doveva comunque essere corrisposto il prezzo dello stesso. In un caso è stata accreditato un “baratto” di ben 4 Kg. di eroina, denominata “la nera”, ceduti dal CIACCIA a CAIANIELLO in cambio di 1 Kg. di cocaina denominata “la bianca” oltre ad una somma di denaro contante; l’eroina successivamente veniva ritenuta non idonea allo smercio in quanto di mediocre qualità e pertanto in più occasioni il CIACCIA veniva invitato a raggiungere Napoli per riprendersela e saldare il debito pari a circa 26.000,00 euro. Lo stupefacente, secondo quanto emerso in attività tecnica, viaggiava nelle auto occultato in borsoni o vani appositamente ricavati. In una circostanza, i militari hanno rinvenuto, all’interno di un vano sottostante il cruscotto di un’autovettura, un involucro contenente un’ingente somma di danaro. La scaltrezza dei sodali si declinava anche nella cautela a parlare in auto; nella quasi integrale assenza di conversazioni telefoniche compromettenti e nell’accurata osservazione dell’ambiente del quartiere, tanto da insospettirsi finanche di una riparazione dell’illuminazione pubblica, ritenuta azione di polizia intesa a collocare telecamere. Venivano poi fatte controllare le auto per cercare microspie e finanche fatta subito sostituire la lampadina della targa di una vettura usata da un “corriere” per evitare che potesse essere fermata dalle Forze di Polizia. Analoghe cautele si riscontrano in alcuni appuntamenti fissi in luoghi ed orari determinati, evitando comunicazioni telefoniche preparatorie, come regolarmente praticato negli incontri a Bari-Japigia.
Nel corso delle intercettazioni ambientali, che hanno interessato segnatamente l’autovettura di BOCCASINI Ciro, utilizzata per i viaggi a Napoli, veniva riscontrato il pieno coinvolgimento di un altro pregiudicato tarantino, CARDELLICCHIO Agostino, 29enne con precedenti per armi, stupefacenti, e reati contro il patrimonio, il quale in più circostanze richiedeva ed otteneva dal BOCCASINI forniture di cocaina da spacciare sulla piazza tarantina. Significativo risulta inoltre il ruolo di RESTA Maria, 36enne segnalata in Banca Dati FF.PP., moglie del DE LEONARDO Pasquale, che ha ricoperto un ruolo fondamentale, e cioè quello di cassiera, provvedendo all’attività di raccolta e di contabilità del denaro.
Nel corso dell’attività sono stati eseguiti numerosissimi “riscontri” con perquisizioni e sequestri a carico di assuntori acquirenti, talora giovanissimi, a Paolo VI ed effettuati 2 arresti con rilevanti sequestri di droga: il 16 ottobre 2013, a carico del gruppo CIACCIA, con l’arresto di SCARNERA Garbita in possesso di 1,5 kg. di marijuana del tipo “amnèsia” ed il 29 ottobre 2013, a carico di Massimiliano COCCIOLO, corriere tarantino contiguo al gruppo di DE LEONARDO, fermato con 2 kg. di cocaina proveniente da Bari.
Significativo il linguaggio criptico adoperato per indicare lo stupefacente: “maria” (marijuana) “la nera”, “roba” (eroina), “vurpo”, “DVD” (sigaretta di hashish), “la bianca”, “servizio”, “scaglia o scag” (cocaina). Significativa, altresì, una conversazione in cui gli associati, riferendosi a stupefacente di minore purezza e principio attivo, indicano che lo stesso, che è “più lento” può essere spacciato ai tossicodipendenti dell’hinteland, definiti “quelli di paese”.
L’attività è stata convenzionalmente denominata “Pontefice” in relazione alla centralità del quartiere Paolo VI del capoluogo ionico, che prende il nome dall’omonimo Papa.