Riceviamo e pubblichiamo una nota del SI.N.O.P, Sindacato Nazionale Operatori Pirotecnici
Egregi Signori Direttori delle redazioni giornalistiche,
al fine di evitare quanto capitato in occasione dei numerosi servizi radiotelevisivi andati in onda lo scorso dicembre 2015 ed articoli apparsi sulla carta stampata o online, che riguardavano i fuochi d’artificio che è consuetudine accendere la notte del 31 dicembre per salutare il nuovo anno e che vengono impropriamente definiti “botti di capodanno”, il SI.N.O.P. fa presente che le informazioni rese pubbliche, appaiono spesso del tutto inesatte ed incomplete e palesano la mancata conoscenza della normativa che regola la vendita e l’impiego degli articoli pirotecnici per fini di svago, ovvero dei “fuochi d’artificio” marcati “CE”, come classificati dalle normative Europee vigenti, già a partire nel modo con il quale vengono definiti.
Purtroppo le vigenti normative italiane, (Regio Decreto n. 773 del 18/6/1931 “Testo Unico Leggi di P.S. o TULPS” e successivo “Regolamento di attuazione del TULPS” o Re-TULPS R.D. n. 635 del 6/5/1940), classificano col termine “fuochi d’artificio” (IV^ categoria Re-TULPS) quelli destinati ad uso esclusivamente professionale sparati nel corso delle feste religiose e/o civili delle città, ingenerando una enorme confusione, specie presso i Comuni italiani che hanno emanato delle Ordinanze di divieto che addirittura invocano l’applicazione dell’art. 57 del TULPS (permesso di accensione da richiedere al Sindaco, quale autorità locale di P.S.) ed abilitazione tecnica di chi li accende (art. 101 Re-TULPS, abilitazione tecnica allo sparo dei fuochi d’artificio), anche per quelli di semplice utilizzo tipo, ad esempio, la fontanina da uso interno o le bottigliette spara stelle filanti, anch’esse da uso interno e classificate come fuochi d’artificio Categoria F1 CE.
Gli organi di sorveglianza in materia sono i Prefetti che, come nella documentazione in allegato a titolo di esempio, hanno già ampiamente risposto alla questione e ammonito diversi sindaci italiani per la loro condotta, al di fuori dei loro ambiti di competenza.
Suddetta disciplina normativa, che distingue e qualifica le diverse tipologie di manufatti pirotecnici (la cui conformità ai requisiti di Legge è comprovata dall’apposizione del marchio CE) li suddivide in fuochi d’artificio che presentano un rischio potenziale basso ed una bassa rumorosità (Cat. F2 acquistabile ed impiegabile dai maggiori di anni 18) o estremamente basso e un livello di rumorosità trascurabile (Cat. F1 acquistabile ed impiegabile dai maggiori di anni 14), utilizzabili addirittura all’interno di edifici di abitazione.
La modalità di diffusione di notizie nel corso del mese di dicembre 2015 sono state del tutto generiche e spesso paventavano una inesistente intrinseca pericolosità dei fuochi d’artificio (anche se si faceva spesso riferimento alla dicitura tutta “popolare”, ovvero “botti di capodanno”), che al contrario, se utilizzati con l’osservanza delle prescrizioni obbligatoriamente riportate nelle etichette di ciascun articolo, pericolosi non sono affatto (specie la Cat. F1, che comprende le stelline, bottigliette spara stelle filanti e le fontanine per uso interno).
Tale atteggiamento, che ha come indiscutibile effetto quello della compressione del mercato legale, e debitamente autorizzato, degli articoli pirotecnici da divertimento, ovvero dei fuochi d’artificio o giochi pirici, e che vanifica gli investimenti faticosamente effettuati dalle imprese proprio sul piano della sicurezza, opera ad esclusivo vantaggio della concorrenza sleale del mercato illegale che diffonde prodotti privi di ogni requisito di sicurezza, i soli che provocano quei danni alla incolumità fisica e all’ambiente, come sovente prospettato nei servizi radiotelevisivi e negli articoli apparsi su alcuni giornali.