“L’idolatria del denaro è la radice di tutti i mali”.
Lasciamo stare per un po’ la politica, e parliamo di fede. Spesso la gente non spera solo in un cambiamento del proprio paese o della propria nazione, ma spera anche (almeno i fedeli) in un cambiamento della Chiesa. Con l’avvento di Papa Francesco sembra proprio che la Chiesa abbia assunto una piega diversa. Una rivoluzione, oseremmo dire tra le sacre vesti, a partire dalla più eccelsa, quella del Santo Padre, che ha rinunciato sin dal primo giorno a grandi e vistose croci d’oro, utilizzando un semplice crocefisso, giusto ad indicare quella croce, quel simbolo di Gesù, lì, all’altezza del cuore. Per non parlare poi delle numerose opere volte alle esigenze dei più bisognosi. Che grande uomo Papa Francesco, e che grande onore vivere nell’era del suo mandato, così da poterne poi parlare.
Ma non è questo l’argomento di questo articolo. Sempre in tema religioso, voglio parlare di un grande mistero della fede, magari esiste anche altrove, ma io argomento quello di Montemesola, che mi vede partecipe, ovvero il mistero delle campane. Nell’immaginario religioso, il suono delle campane, sta ad indicare l’animo del fedele volto verso Dio, assumendo valore cherigmatico in quanto “annunciano”, e ripetendo il monito del Signore: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11,28).
A Montemesola il Cherigma (termine utilizzato per annunciare, in questo caso la morte di una persona) ha un prezzo.
Qui, nel piccolo paesino, esistono ormai da secoli due Confraternite, alle quali le famiglie sono legate da lunghe generazioni. Ogni confraternita, come è giusto che sia, riscuote da ogni iscritto una quota annuale, la quale assicura ad ogni confratello e consorella, un loculo nella casa eterna, e il suono delle campane della chiesa di riferimento, con accompagnamento del feretro, da parte dei confratelli, dalla Chiesa al cimitero al momento della morte.
Fin qui nulla di strano.
Il mistero sorge nel momento in cui, in una bella giornata primaverile, ricevi a casa via posta raccomandata, una lettera dalla Confraternita di appartenenza, la quale ti intima di pagare entro 30 giorni dal ricevimento della stessa, una quota pari a 110 euro, necessari per la costruzione di nuovi loculi. Se il pagamento non sarà onorato, si legge sempre nella lettera, il confratello (che nel frattempo ha versato per anni la quota annuale), al momento della morte, non sarà né accompagnato nel corteo funebre, né “godrà” del suono delle campane.
Dunque, per coloro i quali non posseggono una cappella privata, la richiesta di una quota ci può stare, in quanto sarebbe un loro interesse, assicurarsi un posticino in altra vita. La cosa sconcertante, è intimare allo stesso modo ad un confratello, di pagare tale somma, nonostante lo stesso possieda una cappella privata, e quindi non usufruirebbe mai del loculario in corso di costruzione. Ma il discorso è sempre lo stesso. O si onora il pagamento, oppure si decade dopo 20 anni di appartenenza e di quote versate alla Confraternita.
La questione e la conseguente domanda, è dunque la seguente. Volgere l’animo verso Dio, annunciare l’ascesa al cielo di un confratello, è una questione economica o è una questione di fede? E la Chiesa che avvalla tali richieste delle confraternite, cosa ne pensa? Papa Francesco cosa direbbe a tal proposito?
L’oblazione, comunemente conosciuta con il nome di offerta, per quanto concerne la religione, è un atto di carità che il fedele compie spontaneamente per devozione, offrendo quanto le sue possibilità permettono. E su questo nulla da dire, c’è chi può permettersi di donare anche più di 110 euro, e c’è chi quelle 110 euro magari non le riesce a vedere a fine mese (per non parlare delle famiglie che contano più di un confratello o consorella).
Altra cosa che suona alquanto discutibile nel lavoro delle confraternite, è quella che riguarda l’esumazione dei defunti dopo 15 anni dalla morte, per porre le loro ossa in un loculo più piccolo. A quanto pare la gestione dei lavori a Montemesola, non è affidata a dipendenti comunali, in quanto chi compie tale lavoro viene pagato dai famigliari del defunto per intercessione della Congrega di appartenenza. Questo lascia presupporre che le Confraternite, affidino il lavoro a privati. A questo punto, mi chiedo perché un famigliare, non possa da solo rivolgersi a chi ritiene opportuno, ma qui sicuramente la risposta sarà “I loculi sono della confraternita e quindi funziona così”. E va bene.
Di recente, un famigliare è stato riesumato, essendo trascorso il tempo limite. Lo stesso (appartenente alla Confraternita in questione), è stato portato non nel loculo delle Confraternite, ma per volontà dei parenti, nella cappella di famiglia, dove è rimasto senza muratura, fino al giorno seguente (comprovabile). Dal conto finale, ammontante ad alcune centinaia di euro, sono state detratte le somme destinate all’acquisto del loculo. Da ignorante (fortunatamente) in materia, mi e vi chiedo, quante volte si compra il loculo? Chi dei confratelli adesso paga la quota di 110 euro, avrà solo le campane e l’accompagnamento dei fratelli, oppure un domani ai loro famigliari sarà chiesto di riacquistare il loculo? E ancora mi chiedo, a questo punto perché non costruire loculi comunali in cui anche gli atei un domani possano riposare in pace pagando solo una volta, e mettendo fine a questi assurdi e anti etici monopoli? La Chiesa deve dare, non deve prendere.
E il periodo tra l’altro scelto, per l’invio di questa lettera, lascia molto riflettere.
Concludo con una frase del grande Papa Francesco, rivolta a quelli che lui chiama “cultori dei soldi dentro la chiesa”.
“L’idolatria del denaro è la radice di tutti i mali”.