Per quanto sia ambigua la dicitura ‘Salva –Taranto’, accostata all’ultimo dei decreti varati dal Governo per cercare di risolvere la situazione dello stabilimento siderurgico Ilva, aggiungendo tra l’altro il contentino della cultura da preservare e salvaguardare (ma basta guardare la situazione del Paisiello per farsi un’idea), ancora ci si ostina a voler salvare questa città utilizzando la legge come strumento per non veder soffocata quella millantata vocazione industriale, che ha reso questa città grigia e malata. Scarna di ogni sua ricchezza, e sui podi delle città più tristi ed inquinate di Italia. Taranto e le sue medaglie ‘d’acciaio’, sbattuta lì sulle tv e quotidiani nazionali, e sulla bocca di quanti di vogliono salvarla facendo pagare i tarantini. Chi legifera si è mai chiesto cosa vuole davvero Taranto e i tarantini? Si è mai chiesto di cos’altro si vive (o si viveva) qui a Taranto? Qual è il baratto questa volta? Cosa ci chiederanno in cambio per salvare l’Ilva? Un segnale, seppur non vincolante in alcun modo, ma pur sempre un segnale, arriva dai deputati tarantini Michele Pelillo e Gianfranco Chiarelli, i quali in seguito alla richiesta di Confagricoltura, nella persona del suo presidente locale Luca Lazzaro, hanno sottoscritto e portato avanti un ordine del giorno importantissimo, per l’inclusione al tavolo di discussione sul ‘Salva –Taranto’, del Ministero dell’agricoltura. Il Ministero dell’agricoltura, è l’unico dei ministeri economici, rimasto fuori alla discussione. Luca Lazzaro ci spiega che questo è un provvedimento che ha fortemente voluto in quanto ritiene che questo sia un tavolo decisivo in cui si andrà a decidere che ne sarà dello sviluppo del territorio ionico. E Taranto insieme a tutta la sua provincia, non vive solo d’industria. Taranto ha tanto altro di cui vive, ma soprattutto ha tantissimo altro di cui potrebbe vivere. E il condizionale è voluto, poiché l’inquinamento ambientale negli anni, ha compromesso attività economiche e produttive pulite, compromettendo di conseguenza la fonte di sostentamento di moltissime famiglie. Un esempio può essere l’abbattimento dell’intero bestiame della masseria Fornaro, o i tantissimi mitili contaminati che hanno insinuato nella gente proveniente da altre regioni, il terrore di mangiare la cozza tarantina perché inquinata, perché alla diossina. E l’agricoltura? Taranto e provincia contano circa 700 milioni di produzione agricola, nonostante le tantissime aziende agricole che hanno chiuso i battenti, con particolare attenzione all’ultimo anno. Le aziende agricole dell’arco ionico contano oltre 30 mila addetti nelle aziende agricole e 11 mila agricoltori, per un totale di circa 41 famiglie che vivono solo e soltanto di agricoltura. Questi sono dati importantissimi, segno di un’economia, quella agricola, che è presente nonostante le enormi difficoltà. Il Ministero dell’agricoltura quindi, essendo la massima espressione del mondo agricolo, è giusto che prenda parte a quella discussione. Lazzaro spiega che è davvero assurdo che non sia prevista la partecipazione di questo ministero, quando poi sono presenti tutti gli altri. Proprio per questo motivo, in un primo momento Confagricoltura Taranto, ha cercato di far passare un emendamento al senato, purtroppo non è andato a buon fine in quanto il Governo ha posto la questione di fiducia, quindi il passaggio è stato molto repentino. Il secondo passo adesso, con gli onorevoli Pelillo e Chiarelli, è alla Camera, presentando questo ordine del giorno, che come abbiamo detto non è vincolante, ma è un impegno, un modo per dire a voce alta quello che il territorio di Taranto e provincia vuole. I tempi per la conversione in legge sono stringenti, ma considerato che si dice a gran voce di voler salvare Taranto, il primo passo sarebbe ascoltarla questa città e ascoltare i tarantini, le famiglie, i lavoratori. Chi si è sporcato le mani di terra per assicurare un futuro ai propri figli e che nessuno può arrogarsi il diritto di cancellare.
di Elena Ricci (TarantoOggi 28/02/2015)