La tarantina Maria Rosaria Piccinni, giovane docente universitaria (precaria) di Diritto e religioni nei Paesi del Mediterraneo presso il Dipartimento jonico dell’Università degli Studi di Bari e autrice del libro “La tutela dell’ambiente nel diritto delle religioni”, intervistata sul rapporto tra ambiente e religioni.
Riportiamo di seguito l’articolo relativo all’intervista, pubblicato sulla versione online del quotidiano Repubblica.it
CON I LORO precetti basati sui testi sacri, Ebraismo, Cristianesimo, Islam e religioni orientali possono contribuire a un cambiamento delle abitudini, delle pratiche e delle politiche sociali, nel rispetto della sostenibilità, portando a un più ampio riconoscimento della responsabilità umana nella continuità della vita sul pianeta. La radice degli insegnamenti che possono favorire un migliore atteggiamento dell’uomo rispetto all’ambiente è contenuta proprio nei testi sacri. Ma qual è quella più “green”? “Al di là delle religioni orientali che sono più intimiste e vedono l’uomo come uno degli elementi naturali che costiuiscono il Creato, tutte e tre le religioni monoteiste hanno alla base un atteggiamento comune di rispetto nei confronti dell’ambiente basto sulla corresponsabilità dell’uomo, la transnazionalità e la solidarietà intergenerazionale”, spiega Maria Rosaria Piccinni, docente di Diritto e religioni nei Paesi del Mediterraneo presso il Dipartimento jonico dell’Università degli Studi di Bari e autrice del saggio La tutela dell’ambiente nel diritto delle religioni.
“Esaminando i testi è forse l’Ebraismo la religione che più delle altre ha sviluppato l’argomento declinandolo in casi pratici con indicazioni modernissime e sorprendenti”, afferma Piccinni, “tuttavia, se dobbiamo invece parlare di attuazione pratica dei precetti, è l’Islam ad avere una maggiore incisività sui comportamenti ‘green’ dei fedeli anche perché nel mondo islamico spesso i precetti religiosi coincidono con le leggi dello Stato”.
Ma torniamo ai testi. Nella religione ebraica sono moltissimi i precetti con indicazioni pratiche che invitano al rispetto dell’ambiente. “Nel libro di numeri, il Pentateuco, troviamo il primo esempio di pianificazione urbanistica che”, sottolinea la docente, “tra le altre cose sancisce il divieto di installare attività produttive nei centri abitati. Concerie, tintorie, stalle o altre attività che potevano inquinare dovevano restare lontane da dove si viveva. Era vietato alzare muri che potessero privare della luce, sciogliere calce nelle strade”. E ancora: “Il comando di Bal-Tashchit vietava di tagliare gli alberi, deviare i fiumi, sprecare l’acqua. Anche l’alimentazione Kasher”, aggiunge Piccinni, “ha origine nel rispetto degli animali che andavano macellati in un modo che ne limitasse al minimo le sofferenze. E i pulcini non andavano allontanati dalla chioccia per lo stesso motivo. L’anno sabbatico in cui l’uomo non doveva lavorare, serviva per far riposare i campi e non sfruttare troppo gli animali, così come il riposo del sabato per contemplare la bellezza del Creato e ricordarsi che la natura dà tutto ciò che serve per tutti”.
Anche dal Cristianesimo arriva il messaggio “a coltivare e custodire il Creato”, spiega Piccinni. “A livello di testi come sappiamo il Vecchio Testamento è in comune con la religione ebraica ma nei Vangeli non c’è un riferimento specifico al rapporto dell’uomo con la natura. Abbiamo personaggi simbolo come San Francesco che hanno sempre evidenziato l’importanza del rispetto di animali e natura. E forte è in epoca contemporanea l’impegno della Santa Sede a livello internazionale. Dall’adesione alla Carta della Terra delle Nazioni Unite, all’enciclica di papa Benedetto XVI Caritas in veritate l’impegno per una base etica del rispetto dell’ambiente da parte della chiesa Cattolica è fortissimo”.
E l’Islam non è da meno, anzi. “Nel Corano si trova per esempio l’obbligo di Hima, ovvero di istituire riserve naturali all’interno delle quali non si possono abbattere alberi, uccidere
animali, negare alle creature l’accesso all’acqua. Queste riserve”, spiega Piccinni, “vengono custodite da un imam e chi le costituisce viene consacrato alla vita eterna, perché nella religione islamica rispettare ambiente e natura è un atto meritorio”. E i precetti della religione non restano lettera morta. “Esiste un piano settennale dell’Islam contro il cambiamento climatico, un progetto per trasformare entro il 2017 la Mecca in una città verde che sia un modello e che avvii la costruzione di altre città islamiche sostenibili. Per questo è stata istituita una carta del pellegrino con i precetti che vengono consegnati a tutti coloro che si recano in pellegrinaggio alla città santa dell’Islam che indica gli obblighi ‘ambientalisti’ per i fedeli. Si va dal precetto di riciclare sempre l’acqua al condividere i trasporti, preferire i prodotti a chilometri zero allo stampare il Corano su carta riciclata. Un’indicazione che diventa regola e che può avere ripercussioni pratiche capaci davvero di cambiare l’atteggiamento delle persone in senso virtuoso per l’ambiente”.