Gli esperti: “Sono sempre di più ad accettare”. Lo Sportello dei Diritti: indaghino magistratura e polizia postale
Roba da non credere ai propri occhi se non ci fosse internet. Perché, potenza della rete, ne accadono di tutti i colori, ma ciò che succede in questi ultimi periodi era qualcosa d’inedito.Sulle bacheche di Facebook delle ragazze di mezzo mondo é stato segnalato di recente che fra i messaggi dei propri amici può lampeggiare un annuncio in rosso brillante: “Ti piace il lusso? Hai voglia di guadagnare bene ma non hai voglia di lavorare troppo? Clicca qui!”, di fianco alla scritta un’immagine di una scarpa col tacco alto e la scritta “Lavoro per studentesse”.Sebbene trovasse la faccenda decisamente dubbia una ragazza svizzera, spinta da curiosità investigativa, ha cliccato e si è trovata, con sua somma sorpresa, su di una pagina web che invitava alla prostituzione. Ovviamente trattandosi di una ragazza di buoni costumi ha replicato sui media elvetici: “È inaccettabile, la cosa mi ha tremendamente indignata”. Perché, peraltro, non si tratta di un caso isolato: questo tipo di annunci si stanno rapidamente moltiplicando e può capitare che ragazze intrigate dalla possibilità di facili guadagni si facciano attirare nella rete. Mariza Le Breton, docente di assistenza sociale nella Scuola Universitaria Professionale della Svizzera nordorientale ha confermato in tal senso che “Ci sono chiare indicazioni che la prostituzione fra studenti e studentesse degli atenei svizzeri sia sempre più diffusa”. Il motivo? Studiare costa, sempre di più. Ma vi sarebbe di più. Secondo Simon Künzler, esperto di social media per l’agenzia Xeit “È una deriva perversa della pubblicità mirata che oggi va per la maggiore”, e continua “in questo modo anche contenuti sgradevoli come questo possono raggiungere il loro target ideale”.Pare che Facebook non abbia voluto prendere posizione in Svizzera sullo specifico caso ma invita a segnalare qualsiasi infrazione delle linee guida: “In questo caso gli annunci, e i post, vengono cancellati immediatamente”, ha confermato un portavoce dell’azienda.Si tratta di un fenomeno serio che non va sottovalutato dalle autorità, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che sostiene l’idea che sul punto dovrebbe indagare immediatamente anche la nostra magistratura inquirente attraverso la polizia postale, perché nel caso di specie é ravvisabile indubbiamente il reato d’induzione alla prostituzione per non dire che quasi sempre, dietro a queste iniziative criminali vi sono associazioni a delinquere che dovrebbero essere stroncate sul nascere.
Giovanni D’Agata