Le idee, le immagini della nostra mente, spesso ci permettono di dare adito alle nostre più grandi aspirazioni. Gli ideali per i quali lottiamo, che ci rappresentano, e che manifestiamo nella vita di tutti giorni, spesso non coincidono con l’idea e il pensiero che abbiamo degli altri, in generale. C’è troppa confusione intorno a questo concetto, tanto bello da pronunciare, quanto difficile da interpretare per taluni. L’ideale, come da definizione tratta dal dizionario, è una nobile azione per cui si agisce, secondo il proprio modello di perfezione. Non tutti gli ideali sono nobili (pensiamo all’ideale di un’omicida secondo il quale uccidere è giusto), e non necessariamente essi sono assoluti. Ognuno ha il suo, in base al contesto culturale nel quale è cresciuto, e all’educazione ricevuta. La storia ci insegna che in passato c’è stata gente che ha dato la vita per i propri ideali, interpretati quale ‘opposizione’ al massimo pensiero, quello assoluto, che doveva regnare sovrano e non doveva essere messo in discussione. A tal proposito anche la stampa allora, era al servizio dei potenti, e scriveva secondo ‘dettato’, in caso contrario, vi era la censura. Non vi era dunque libertà di pensiero, di opinione, non vi era democrazia.
E la democrazia, è stata tanto rivendicata da chi, per difendere i propri ideali, ha pagato con il sangue. E oggi, a quel sangue versato, dobbiamo esserne grati tutti, perché la democrazia esiste (seppur messa in discussione talvolta), e siamo liberi di dire la nostra, con l’unico vincolo morale di rispettare quella degli altri, seppur non la condividiamo. Anche questo prevede la democrazia: un civile confronto basato sul rispetto reciproco, seppur con opinioni divergenti, perché l’individuo, per diritto è libero di esprimere la propria opinione, di avere il proprio pensiero. Ed è proprio l’ascoltare il pensiero dell’altro, senza isolarci nel nostro, che ci rende ‘dotti’, ‘filosofi’, ci costringe a riflettere su noi stessi, a fare un’autocritica, a porci domande, a renderci ‘maestri’, così come sosteneva un grande pedagogista, che menzioneremo a breve. Oggi molto di frequente ciò non accade. Spesso in molti danno per scontato che ciò che pensano sia giusto, senza voler sentire ragioni: “la mia opinione è giusta, non la tua perché tu sei un avversario”. Ebbene, nel 2014 l’avversario assume un’accezione alquanto sportiva. Abbiamo l’avversario in campo, che a partita finita è un amico. Abbiamo il ‘concorrente’ nel lavoro, ma ciò non esclude che nella vita privata sia un amico. Abbiamo l’avversario politico, ma questa è un’altra storia e lasciamola a chi siede sulle poltrone dei politici, anche se poi, diventano amici anche loro, e addirittura si alleano. Ma ripetiamo, questa è un’altra storia. Nel 2014 però, non può definirsi avversario nell’accezione negativa ed odiosa del termine, chi ha un’opinione divergente dalla propria. E’ retrogrado, e scarsamente intellettuale. Segue semplicemente una linea di pensiero diversa dalla propria, che può non essere condivisa (nessuno lo impone) ma è degna di rispetto. E usiamo esempi elementari, per non scendere in fraintendimenti: ovvio è che se Tizio pensa che uccidere sia sbagliato, non può condividere e o rispettare l’idea di Caio secondo la quale uccidere sia lecito. Questo è scontato. Allo stesso modo, è ovvio che se Tizio pensa che il rosso sia il colore più bello del mondo (liberissimo di pensarlo), Caio può non essere d’accordo dicendo che secondo lui il colore più bello è l’azzurro. Entrambe sono due idee, due pensieri, che possono non essere condivisi, ma sono rispettabili.
Abbiamo usato gli esempi, a parole nostre, perché facilitano la comprensione del testo. Dunque, in conclusione, quest’articolo è un’opinione. Può non essere condiviso, ed è giusto, legittimo, non condividere qualcosa con la quale non siamo d’accordo. Al contrario non è giusto attaccare chi la pensa in maniera diversa, con metodi beceri e antidemocratici. Uno schiaffo al sangue versato per la libertà di pensiero. Scomodiamo i grandi cogliendo i grandi insegnamenti.
“ […] una delle maggiori rivendicazioni dei moderni ceti intellettuali nel campo politico è stata quella delle cosiddette ‘libertà di pensiero e di espressione del pensiero (stampa e associazione)’, perché solo dove esiste questa condizione politica si realizza il rapporto di maestro-discepolo nei sensi piú generali su ricordati e in realtà si realizza ‘storicamente’ un nuovo tipo di filosofo che si può chiamare ‘filosofo democratico’, cioè del filosofo convinto che la sua personalità non si limita al proprio individuo fisico, ma è un rapporto sociale attivo di modificazione dell’ambiente culturale. Quando il ‘pensatore’ si accontenta del pensiero proprio, ‘soggettivamente’ libero, cioè astrattamente libero, dà oggi luogo alla beffa: l’unità di scienza e vita è appunto una unità attiva, in cui solo si realizza la libertà di pensiero, è un rapporto maestro-scolaro, filosofo-ambiente culturale in cui operare, da cui trarre i problemi necessari da impostare e risolvere, cioè è il rapporto filosofia-storia”. Ah, dimenticavo, il grande pedagogista al quale si faceva cenno prima, e che ha detto quanto virgolettato, è Antonio Gramsci.