di: Marco Amatimaggio in: Scritto da voi
Un chek-up completo del volontariato in terra jonica: così può essere definita la nuova ricerca “Organizzazioni di volontariato nel tarantino: risorse, bisogni e interazioni”, curata per il Centro Servizi Volontariato (CSV) di Taranto da Renato Frisanco, ricercatore ex-Fondazione Italiana per il Volontariato (FIVOL), un’autentica autorità del volontariato a livello nazionale.
La ricerca, che ha coinvolto 98 organizzazioni di volontariato (OdV) rappresentative delle diverse aree territoriali della provincia e di tutti i settori operativi, presenta un quadro in gran parte positivo. Lo studio, 59 pagine fitte di dati e di analisi (è scaricabile dal sito www.csvtaranto.it), è stato presentato in un incontro tenutosi nel pomeriggio di oggi – 23 giugno – presso la Camera di Commercio, con lo stesso Renato Frisanco a illustrare e commentare la ricerca che ha svolto per il CSV Taranto.
Aprendo i lavori Carlo Martello ha detto «questa ricerca è un fondamentale strumento di conoscenza e approfondimento che il Centro Servizi Volontariato di Taranto mette a disposizione della comunità tutta per conoscere e comprendere meglio il fenomeno volontariato sul nostro territorio; soprattutto, l’aver analizzato in dettaglio i rapporti e le aspettative delle associazioni nei confronti del CSV Taranto, ci permetterà in futuro di destinare le sempre più esigue risorse disponibili per soddisfare in modo mirato i principali bisogni del volontariato».
«Secondo la ricerca il CSV di Taranto – ha affermato con viva soddisfazione Carlo Martello – viene percepito oggi come la “Casa del volontariato” per il gran numero (l’80% del campione intervistato) di associazioni del territorio che usufruiscono dei nostri servizi, una percentuale notevolmente aumentata rispetto a quella di studi precedenti; tra l’atro è risultato che le Organizzazioni di Volontariato “reticolari”, rispetto a istituzioni e ad altre organizzazioni del territorio, sono proprio quelle più vicine al CSV Taranto, sia come socie che come utenti abituali».
Nel dibattito si sono registrati gli interventi di Carmem Galluzzo Motolese dell’Associazione Culturale “Marco Motolese”, di Claudio Papa dell’Associazione “Mister Sorriso” e di Cosimo Vitti dell’associazione “Amici di Manaus”.
Protagonista della iniziativa è stato Renato Frisanco che ha iniziato affermando che il volontariato jonico «è costituito per lo più di piccoli gruppi, di recente formazione (prevalentemente dopo il 2001), indipendenti rispetto alle reti nazionali, discretamente formalizzati, anche per la massiccia iscrizione al registro regionale del volontariato».
«Lo “stato di salute” del volontariato della provincia jonica – ha affermato Renato Frisanco – appare buono per almeno la metà dei casi, pur se occorre dare per scontata la propensione a partecipare alla ricerca da parte delle unità più dinamiche. Queste organizzazioni di volontariato rivelano un indice sintetico di sviluppo medio-elevato in quanto negli ultimi due anni denotano: saldo attivo del flusso dei volontari, crescita relativa degli utenti, mantenimento o miglioramento del budget, realizzazione di almeno un progetto finanziato da erogatori pubblici o privati, attivazione di almeno un’esperienza formativa per i propri volontari. Si può dire che, pur in una lunga congiuntura di crisi economica, il volontariato tarantino tiene o cresce e costituisce un antidoto importante nel tessuto sociale locale caratterizzato da problemi che la crisi ha aggravato».
«L’interazione con le altre organizzazioni non profit – ha continuato Frisanco – è discretamente elevata nel campo del volontariato e in crescita nei confronti delle diverse “famiglie” del Terzo settore, mentre si affaccia una nuova prospettiva di collaborazione con le imprese profit».
«Il rapporto con gli attori pubblici – ha spiegato Renato Frisanco – è sempre più importante nel nuovo Welfare mix locale ed è vissuto dalle associazioni con variegate aspettative e diversi approcci. Vi è la necessità di sentirsi riconosciute e valorizzate dall’ente pubblico (ricerca di accreditamento e sostegno), la disponibilità a fornire prestazioni complementari a quelle dei servizi e delle istituzioni, talvolta a svolgere una “funzione pubblica” concorrente sul piano della progettazione innovativa o come soggetti proattivi e consultati dalle istituzioni se non anche partecipativi ai Tavoli della programmazione locale, pur se non si notano risultati ancora importanti per frequenza e incisività. Si può parlare comunque di una fase di sperimentazione attiva della partnership tra OdV ed enti pubblici. Le realtà più sinergiche con le istituzioni si distinguono, non a caso, per essere più attrezzate per risorse e più propense a crescere, a formare i volontari, ad avanzare una progettualità autonoma».
«La composizione della risorsa umana volontaria – ha continuato Renato Frisanco – dà conto di una equivalente partecipazione di genere e di un discreto equilibrio tra le classi anagrafiche, con quella giovanile prevalente su quella anziana. Laddove vi sono più generazioni sono presenti in modo esclusivo dei volontari stranieri. La tensione a promuovere l’avvicinamento dei giovani al volontariato è una strategia diffusa delle organizzazioni di volontariato tarantine, guidata dalle linee guida progettuali e di lungo termine del CSV Taranto tanto che l’interazione con le istituzioni scolastiche riguarda quasi la metà del campione esaminato».
Una nota dolente: «la scarso numero di OdV “semiprofessionalizzate”, per presenza di personale retribuito, caratterizza nel tempo il volontariato tarantino, poco incline ad assumere una responsabilità gestionale nel sistema locale di Welfare debole; il budget delle associazioni di volontariato tarantine – ha spiegato Frisanco – è per lo più modesto e si basa quasi sempre sull’autofinanziamento e in generale sulla generosità dei cittadini. Il finanziamento pubblico, quando disponibile, consiste soprattutto in un rimborso delle spese per interventi o nel sostegno a progetti».
Renato Frisanco ha poi illustrato i tre principali bisogni delle OdV che segnalano altrettante criticità: il più sorprendente, anche perché considerato prioritario, è di tipo “identitario”, ovvero la percezione diffusa dell’«appannamento dei valori costitutivi e delle funzioni specifiche del volontariato». Segue il bisogno di avere maggiori entrate economiche, almeno per il mantenimento dell’operatività dell’OdV, in una fase in cui al declinare dei contributi pubblici non vi è ancora una diffusa competenza specifica ad attivare una sistematica raccolta fondi. L’insufficiente risposta a questo bisogno induce molte OdV ad operare al di sotto delle proprie potenzialità e in un continuo stress da privazione di mezzi e talvolta a rinunciare al reclutamento di nuovi volontari per la difficoltà a sostenerne gli oneri assicurativi, prima ancora che a fornire ad essi un rimborso spese.
In terzo luogo emerge il disagio logistico di chi non ha una sede o dispone di locali inadeguati, molto onerosi o in coabitazione. E’ questo un vulnus importante per non poche OdV che non riescono così ad organizzare la propria attività, ad avere visibilità, a tenere unito e partecipativo il gruppo dei volontari. E’ evidente al riguardo l’importanza del contributo degli enti locali nel facilitare l’acquisizione di strutture, nonché l’assegnazione di immobili sottratti alla criminalità organizzata.