di: Elena Ricci in: Elena Ricci
Un concerto che non parte dalla politica, non parte dalle istituzioni, ma parte dai cittadini e si avvicina alle vere tematiche del Primo Maggio. La musica di ribellione fa da perfetta cornice alle tantissime testimonianze salite su quel palco da ogni parte di Italia, vittime dell’indifferenza della politica, e prigioniere nel proprio corpo, stressato dal cancro. Lo racconta Tina, 47 anni, ammalata di cancro, di Crotone, uno dei siti di interesse nazionale per quanto riguarda l’inquinamento “Ho 47 anni, sto lottando. Non voglio che i miei figli si ammalino di tumore”. Tina commuove il pubblico, e parla della sua inseparabile amica, la parrucca. Fondatrice di una pagina facebook, che a Crotone è diventata una manifestazione in piazza, con l’accusa da parte degli amministratori di aver rovinato l’immagine della città. “Ma alla mia immagine chi ci pensa?” e poi il duro appello a Vendola in riferimento alla sua affermazione ‘meglio una diagnosi di tumore e non un avviso di garanzia’: “Vendola, abbi rispetto per chi un tumore ce l’ha davvero. Avrei preferito io l’avviso di garanzia. Andatevene a casa”.
L’urlo disperato di Tina commuove il pubblico, così come Michele Riondino nel ricordare ‘il guerriero buono’, Alessandro Rebuzzi, scomparso a 16 anni per un cancro: “Noi vogliamo aria pulita. Sedici anni, non ottantotto”. Testimonianze una più suggestiva dell’altra. Arrivano i bambini liberi e pensanti, e il loro striscione ‘noi vogliamo vivere’. Tantissimi bambini, maglietta bianca, come angeli in un recital scolastico. Ma quello non era un recital, era la voce dell’innocenza che chiedeva giustizia per i loro amichetti scomparsi, perché stroncati dal mostro. “Vogliamo poter avere una vita normale e giocare per strada come gli altri bambini”. E poi sul palco accanto ai bambini, sale Rita, tarantina, 36 anni. I capelli che tentano di ricrescere, e un sorriso che vuole continuare ad esserci. Poche parole, dirette: “ho un tumore. Ho fatto e faccio la chemio, domani ho una seduta”. Rita parla di struttura, Taranto ha problemi di struttura, e spesso per curarsi, bisogna aspettare file interminabili o andare lontano. “Non ci servono ospedali pronti tra dieci anni, ne serve uno ora. Io sono giovane. Voglio vivere per me, per i miei figli e per mio marito”. Invita la folla a contribuire economicamente per l’acquisto dell’emogasometro, Taranto ne ha bisogno, e alcuni istanti per gli ammalati di cancro, decretano se è tempo di morire o continuare a vivere. “Vogliamo la chiusura degli impianti inquinanti dell’Ilva”. Lo dice con speranza Rita. Prigioniera in un corpo che a 36 anni avrebbe dovuto pensare ad altro. “La speranza c’è”. Questo è il suo invito. L’invito per Taranto, l’invito per chi come lei, lotta giorno dopo giorno.
Elena Ricci (articolo del Quotidiano Taranto Oggi 03/05/2014)