E’ marzo. Lo stesso marzo di dieci anni fa. “Cambiano i numeri” dice il tempo. Cambiano i numeri, ma gli odori, i colori, restano gli stessi. La stessa finestra, forse un po’ invecchiata. La stessa tenda, lo stesso lucernaio, e quella porta. Quella porta chiusa. E’ rosso lì fuori, ed io ho paura a guardarmi dentro. E’ rosso lì fuori, più ci penso e più mi tormento. Mi piacerebbe sentire solo ed esclusivamente l’odore del mare che culla i pensieri, e che illude le prime giornate di primavera, sotto una schiera di timido sole che tra le nuvole si nasconde. Mi piacerebbe pensare al pescatore che vive dal mare, vive pulito e torna a casa dove la moglie lo attende, per commentare una pagella di un figlio un po’ svogliato, ma che ce la metterà tutta. La pagella di un figlio per il quale si spera il meglio, che diventi medico, che metta su famiglia, e che guardi quel mare un giorno, ringraziandolo. Mi piacerebbe pensare, si; a quella panchina sul lungomare, a quell’odore di vernice fresca, a quella scritta sull’asfalto che promette amore eterno, e che da lì a poco sarà calpestata con indifferenza. A quei ragazzi in moto liberi nel vento, alle scolaresche felici per il suono della campanella, alle mamme indaffarate con la spesa, alle cassiere che contano i minuti per tornare a casa, agli operatori ecologici che sperano sia l’ultima cicca; le anziane donne nel loro quotidiano via vai dalla casa di tutti, con un fiore in mano e la rassegnazione sul volto, a bordo di un autobus silenzioso, quasi in segno di rispetto. Il pranzo pronto, il tozzo di pane, chi pensa già al domani, chi mangia quel che ha godendosi il momento; chi lascia il piatto così com’è perché non gli piace, e chi per quel piatto darebbe anche l’anima. E poi il bucato, camicie, camici, grembiuli e tute… e chi su quelle tute ha lasciato il sudore, e a chi quelle tute ha lasciato un tumore. “Non è colpa mia” dice la terra, e il mare l’abbraccia e la consola. C’è chi aspetta, e intanto cala la sera. I lampioni si accendono, e il rosso diventa scuro. Il mare riflette la luna e il cielo, e di notte non ha vergogna perché bruno di conseguenza. Mara prepara un caffè. Silvia sta ancora studiando, domani ha un esame e non si sente pronta a sufficienza. Giulia e Marco scelgono le bomboniere, e quando pensano di aver scelto sono più indecisi di prima. Simone beve una Raffo con Edoardo, e gli racconta della ragazza che ha adocchiato alla fermata del “tre”. Lidia si accarezza il grembo e sorride. La signora Lucia cerca di comunicare con la sua badante straniera, ma non si capiscono. Elvira è stata mollata per la sua migliore amica. Chiara si prepara per il primo appuntamento con Giorgio. Antonio è appena tornato da lavoro, domani lo attende un’altra intensa giornata in tribunale. Mario ha chiuso il negozio, e non lo riaprirà più; Vincenzo invece oggi ha guadagnato molto. Il piccolo Manuel va da sua mamma mostrandole con orgoglio il suo disegno appena terminato. Quanti bei colori. Uno sfondo azzurro, cielo e mare che si abbracciano; il sole ha gli occhi e sorride alle rondini che gli volano intorno. Un castello spunta all’orizzonte e gli alberi sotto di lui si tengono per mano. E’ marzo. Lo stesso marzo di dieci anni fa. “Cambiano i numeri” dice il tempo. Cambiano i numeri, ma gli odori, i colori, restano gli stessi. La stessa finestra, forse un po’ invecchiata. La stessa tenda, lo stesso lucernaio, e quella porta. Quella porta chiusa. E’ rosso lì fuori, ed io ho paura a guardarmi dentro. .